Luigi Braschi Onesti |
Vincenzo Monti |
Si tratta di Vincenzo Monti, ora segretario di Luigi Braschi Onesti, lo sposo, e da poco tempo amante segreto di Costanza Falconieri. Il matrimonio è stato celebrato e sopratutto voluto da Pio VI per inglobare la ricca dote di Costanza nei patrimoni del nipote Luigi. Sarà sempre grazie a matrimoni combinati, a speculazioni commerciali ed a spregiudicate pressioni politiche che il Braschi vedrà incrementare il suo patrimonio.
Luigi godè particolarmente del favore e della protezione del "gran zio", il quale praticò nei suoi confronti il più spudorato nepotismo.
Pio VI |
Una donna piena di vita che godette del lusso riservato all'élite dell'Urbe. Per volere di Pio VI, i Braschi erano soliti ricevere nella loro residenza la nobiltà romana, politici di alto rango e tutto il Sacro Collegio dei cardinali e dei prelati.
In occasione di un banchetto con il re di Svezia, donna Costanza ebbe l'idea di servire il dessert non più su piatti d'argento o di bronzo dorato, ma su un trionfo di pietre legate in oro eseguito dallo scultore Luigi Valadier.
Dunque non sorprende che questa anima ‘piena di vita’, si dice, si aggiri nel
bel palazzo che la vide felice e infedele al tempo dei fasti dei
Braschi.
Pio VII |
Tornato a Roma, il Braschi, vedovo, inizia la sua carriera politica con la medesima disinvolura con cui affrontava gli affari: dapprima iniziò a recuperare i suoi beni confiscati durante il periodo della Repubblica Romana del 1798, poi venne nominato dal nuovo Pontefice Pio VII capo della Guardia Nobile, titolo con il quale accompagnò il Papa a Parigi per incoronare Napoleone.
Quando però i rapporti tra Parigi e Roma si fecero tesi, il Braschi non esitò ad appoggiare Napoleone ed i francesi invasori, diventando così il primo sindaco di Roma dal 1809 al 1814, anno della restaurazione. Ma Braschi non fu il solo ad aprirsi al governo francese: era in buona compagnia con i Torlonia, Borghese Aldobrandini, Colonna D'Avella, Spada, Santacroce, Marescotti, Sforza Cesarini, Giustiniani, Borghese, Altemps, Chigi. In particolare, Giovanni Torlonia fu definito "Banchiere di giorno, Duca di Bracciano la notte" per la sua capacità di rapportarsi con i diversi governi che su succedettero a Roma.
A ben guardare non fu tanto la capacità della nobiltà romana di sapersi insinuare tra le pieghe dei sovrani di turno, quanto la necessità dei sovrani di turno di appoggiarsi a quel potere economico e finanziario che l'aristocrazia romana deteneva.
In quegli anni l'Europa subiva trasformazioni radicali (basti pensare alla Rivoluzione Francese), perché dunque la società dello Stato pontificio sembrava essere immobile? Come faceva a resistere, nella tempesta rivoluzionaria che soffiava ovunque, una nobiltà come quella romana di fine '700 che era nota per essere tra le più ignoranti e retrive d'Italia?
Veduta di Castel Sant'Angelo, fine 1700 |
I feudi erano nelle mani dei fattori e non rendevano più come un tempo, la liquidità scarseggiava. L'occupazione napoleonica dell'Italia aveva aggravato ulteriormente la situazione.
In questo contesto piccoli commercianti e un vagito di quella borghesia che in Europa già faceva tremare i palazzi del potere, nel periodo in cui Roma era stata occupata dalle truppe napoleoniche
aveva realizzato fortunate speculazioni con i Francesi ed ebbe buon
gioco ad offrire ai nobili romani prestiti garantiti dalle loro
proprietà fondiarie e immobiliari: ma aspirazione di quella borghesia italiana non era roversciare il potere costituito, ma giungere a diventare dominus e proprietari di grandi patrimoni.
Dunque non stupisce se in quella turbolenta società di fine settecento, fra matrimoni combinati, fedeltà al Papa o alla rivoluzione, una sola cosa si manteneva monolitica ed attorno ad essa gravitava il potere: il denaro. Laddove era il denaro, lì era il potere. E non viceversa.
Vecchio e non più in forze, il Braschi ottenne il perdono del Papa e la revoca della scomunica che accompagnò tutti coloro che collaborarono con i francesi. Morì due anni dopo, nel 1816.