mercoledì 18 maggio 2022

Il primo sindaco di Roma e i turbolenti anni di fine '700.

Luigi Braschi Onesti
Nella Cappella Sistina si sta celebrando un matrimonio. La sposa è bruna e piccola di statura, elegante e raffinata: l'abito è broccato d'argento. Per sostenere la vaporosissima gonna, la dama, se così possiamo definire una donnetta di 15 anni, indossa una struttura metallica che si sviluppa sui fianchi. Sebbene il busto sia tenuto strettissimo con delle stecche di balena, il seno in evidenza è coperto da una mantella. D'altronde siamo nella Roma di Pio VI e non nella Parigi di Napoleone. Le maniche strette si allargano a pagoda fino al gomito, da cui escono cascate di pizzo. L'acconciatura è teatrale, eccentrica, vera opera d’arte portata sulla testa. Lo sposo indossa una marsina blu scuro con bottoniera, giubba, camicia e calzoni aderenti al ginocchio. In testa ha una parrucca di capelli bianchi, la coda dei capelli è adornata di una pietra azzurra contornata di altre pietre preziose. Intorno a loro ci sono cardinali, nobildonne e nobiluomini della Roma di fine settecento, il collegio cardinalizio non è al completo, ma poco ci manca. Alcuni cardinali parlottano fra loro: c'è chi sta lavorando per il futuro conclave, chi chiede prebende in cambio di favori. Gli sposi sono Costanza Falconieri, nobildonna romana, e Luigi Braschi Onesti, nobile che, a sua volta è nipote del celebrante: Papa Pio VI. Siamo nel 1779 di lunedì 31 maggio. Quell'anno venne costruito a Parigi il primo velocipede e Beethoven non era che uno sconoscuito compositore alle prime armi. 

Vincenzo Monti
All'uscita dalla Cappella Sistina, terminato il matrimonio, c'è ad attendere i novelli sposi una persona: sguardo profondo ed ipnotico, fronte alta, basettoni brizzolati. Per l'occasione ha scritto un componimento arcadico, il poemetto in terzine La bellezza dell'universo che, attirando la stima del pontefice, ha fruttato la nomina a segretario del nipote principe Luigi Onesti (cui era ora stato associato il cognome Braschi) facendolo entrare nelle grazie dell'ambiente papalino.

Si tratta di Vincenzo Monti, ora segretario di Luigi Braschi Onesti, lo sposo, e da poco tempo amante segreto di Costanza Falconieri. Il matrimonio è stato celebrato e sopratutto voluto da Pio VI per inglobare la ricca dote di Costanza nei patrimoni del nipote Luigi. Sarà sempre grazie a matrimoni combinati, a speculazioni commerciali ed a spregiudicate pressioni politiche che il Braschi vedrà incrementare il suo patrimonio. 

Luigi godè particolarmente del favore e della protezione del "gran zio", il quale praticò nei suoi confronti il più spudorato nepotismo.

Pio VI
Proprio per questo però la sua figura non era ben vista a Roma, tanto era spregiudicato il suo modo di condurre affari. Un uomo tanto odiato che all'arrivo del francesi, il 10 febbraio 1798, il suo palazzo fu preso d'assalto dalla folla ed egli dovette scappare in fretta prima a Siena, dove fu ritenuto responsabile della rivolta di Città di Castello e quindi costretto a fuggire nuovamente alla volta di Venezia. Per le responsabilità del marito, il 16 marzo 1798 fu arrestata Costanza, la cui data di morte è sconosciuta. 

Una donna piena di vita che godette del lusso riservato all'élite dell'Urbe. Per volere di Pio VI, i Braschi erano soliti ricevere nella loro residenza la nobiltà romana, politici di alto rango e tutto il Sacro Collegio dei cardinali e dei prelati. 

In occasione di un banchetto con il re di Svezia, donna Costanza ebbe l'idea di servire il dessert non più su piatti d'argento o di bronzo dorato, ma su un trionfo di pietre legate in oro eseguito dallo scultore Luigi Valadier.

Dunque non sorprende che questa anima ‘piena di vita’, si dice, si aggiri nel bel palazzo che la vide felice e infedele al tempo dei fasti dei Braschi.

Pio VII

Tornato a Roma, il Braschi, vedovo, inizia la sua carriera politica con la medesima disinvolura con cui affrontava gli affari: dapprima iniziò a recuperare i suoi beni confiscati durante il periodo della Repubblica Romana del 1798, poi venne nominato dal nuovo Pontefice Pio VII capo della Guardia Nobile, titolo con il quale accompagnò il Papa a Parigi per incoronare Napoleone. 

Quando però i rapporti tra Parigi e Roma si fecero tesi, il Braschi non esitò ad appoggiare Napoleone ed i francesi invasori, diventando così il primo sindaco di Roma dal 1809 al 1814, anno della restaurazione.  Ma Braschi non fu il solo ad aprirsi al governo francese: era in buona compagnia con i Torlonia, Borghese Aldobrandini, Colonna D'Avella, Spada, Santacroce, Marescotti, Sforza Cesarini, Giustiniani, Borghese, Altemps, Chigi. In particolare, Giovanni Torlonia fu definito "Banchiere di giorno, Duca di Bracciano la notte" per la sua capacità di rapportarsi con i diversi governi che su succedettero a Roma.

A ben guardare non fu tanto la capacità della nobiltà romana di sapersi insinuare tra le pieghe dei sovrani di turno, quanto la necessità dei sovrani di turno di appoggiarsi a quel potere economico e finanziario che l'aristocrazia romana deteneva. 

In quegli anni l'Europa subiva trasformazioni radicali (basti pensare alla Rivoluzione Francese), perché dunque la società dello Stato pontificio sembrava essere immobile? Come faceva a resistere, nella tempesta rivoluzionaria che soffiava ovunque, una nobiltà come quella romana di fine '700 che era nota per essere tra le più ignoranti e retrive d'Italia? 

Veduta di Castel Sant'Angelo, fine 1700

I feudi erano nelle mani dei fattori e non rendevano più come un tempo, la liquidità scarseggiava. L'occupazione napoleonica dell'Italia aveva aggravato ulteriormente la situazione.

In questo contesto piccoli commercianti e un vagito di quella borghesia che in Europa già faceva tremare i palazzi del potere, nel periodo in cui Roma era stata occupata dalle truppe napoleoniche aveva realizzato fortunate speculazioni con i Francesi ed ebbe buon gioco ad offrire ai nobili romani prestiti garantiti dalle loro proprietà fondiarie e immobiliari: ma aspirazione di quella borghesia italiana non era roversciare il potere costituito, ma giungere a diventare dominus e proprietari di grandi patrimoni.

Dunque non stupisce se in quella turbolenta società di fine settecento, fra matrimoni combinati, fedeltà al Papa o alla rivoluzione, una sola cosa si manteneva monolitica ed attorno ad essa gravitava il potere: il denaro. Laddove era il denaro, lì era il potere. E non viceversa.

Vecchio e non più in forze, il Braschi ottenne il perdono del Papa e la revoca della scomunica che accompagnò tutti coloro che collaborarono con i francesi. Morì due anni dopo, nel 1816.