martedì 31 ottobre 2017

Villa de Sanctis, via Romolo Balzani quanti anni fa?

Tra via Casilina, via dei Gordiani e viale della Primavera sorge il quartiere Villa de Sanctis (appr. qui e qui).
Venne chiamato così a seguito di un referendum all'interno del quartiere svoltosi nel 2007. Altri nomi in lizza erano "Poggo della Primavera" e "Quartiere Quaroni".Quest'ultima proposta fu a causa del fatto che la progettazione del quartiere si avvalse del contributo di un gruppo di lavoro diretto dall'arch. Ludovico Quaroni (cui è intitolata una sede della facoltà di Architettura).

Il comprensorio è di circa 50 ettari e fu inserito nel primo programma biennale di attuazione del Piano di Edilizia Economica e Popolare del 1954-1965.
La costruzione del quartiere ebbe inizio nel 1970 e terminò nella prima metà degli anni '80.

Scartabellando qua e la mi sono imbattuto in una foto, questa che segue.


Si tratta di una veduta degli edifici nord del quartiere. Vediamo di capire di più quando possa essere stata scattata la foto.

Ci sono tre automobili. Un 127 Fiat prima serie, modello in foto, in produzione dal 1971 al 1976.




La vettura alla sua sinistra è una 1100/103 Fiat, modello in foto, in produzione dal 1960 al 1962.
La terza vettura, presumibilmente parcheggiata, è una Opel Kadett C, modello in foto, in produzione dal 1973 al 1979.
Quindi ne si può dedurre che la foto in alto sia stata scattata a partire dal 1973 al 1979, ma comunque non oltre la data in cui è stato edificato il mercato rionale Casilino 23 che oggi sorge dove ho segnato il punto 3 in foto e che è stato inaugurato il 16 settembre 1993.

Inoltre, particolare interessante, il fatto che al punto 3 in foto oggi sorge l'area del Casale Garibaldi inaugurato il 7 aprile del 1990.

Infine sovrapponendo la foto in bianco e nero ad una di Strett View di Google, possiamo ragionevolmente pensare che la via in questione sia via Romolo Balzani.


Dunque la foto potrebbe essere stata scattata tra il 1973 ed il 1990. Ma sapendo che la costruzione del quartiere è iniziata nel 1970 e vedendo la finitura dei palazzi, è presumibile che la datazione della foto si aggiri intorno all'inizio degli anni '80.




Villa de Sanctis/Casilino 23, chi era Mario Scrocca?

Tra i miei ricordi di bambino ve n'è uno indelebile. Abitavo in quello che allora era il quartiere Casilino 23. Da lì a circa 20 anni avrebbe cambiato nome in Villa de Sanctis. Non c'era ancora il mercato coperto, un banco di frutta ed un macellaio erano stanziati in piazza san Gerardo che, all'epoca, non era rossa, ma bianca. Gli alberi del quartiere erano bassi, i marciapiedi, pochi, erano di ghiaia e sabbia, non di travertino e asfalto. Dove oggi sorge uno dei parchi più belli di Roma, c'era uno sfascia carrozze, un deposito di camper ed altro che non ricordo.

Via Valentino Banal era percorribile in senso contrario a quello di oggi e sbucando su via Checco Durante, si poteva svoltare a sinistra per raggiungere via Romolo Balzani che sbucava su via Casilina, oppure si poteva svoltare a destra per arrivare a via dei Gordiani e scegliere se andare sempre verso via Casilina o verso Via Teano.

All'incrocio tra via Checcho Durante e via dei Gordiani, sulla sinistra c'era, (c'è ancora) un muro sul quale per anni è campeggiata una scritta rossa su sfondo giallino. Foto non ne ho di quella scritta, ma la leggevo ogniqualvolta svoltavamo per quella strada. Doveva apparire un po' come quella in alto. 

"Chi è Mario Scrocca? Chi sono i proletari? Chi sono i comunisti?" 
Erano queste le domande di un bambino di 4 anni che leggeva ogni mattina quella scritta. 


Negli anni la scritta è stata dapprima coperta di vernice e poi il muro stesso è stato coperto dai cespugli urbani. 

Ma chi era, appunto, Mario Scrocca?

Vi riporto un articolo di Repubblica del 3 maggio 1987 a firma di Massimo Lugli:

ROMA. L'avevano arrestato all' alba del 30 aprile, per un attentato del 1978: due ragazzi di destra uccisi a colpi di pistola davanti alla sezione del MSI di via Acca Larenzia, uno dei fatti di sangue più drammatici degli anni di piombo. 
Un primo interrogatorio davanti al magistrato, la notifica del mandato di cattura, un nuovo colloquio fissato per domani. Ma in cella d'isolamento, Mario Scrocca, 28 anni, infermiere del reparto di rianimazione del Santo Spirito, sposato da sette anni e padre di un bambino di 3, ha resistito poco più di 24 ore. 
La sera di venerdì 10 maggio, approfittando di un momento in cui la guardia carceraria di turno si era allontanata, il giovane si è stretto un asciugamano attorno al collo, l'ha fissato alla serratura di una finestra e si è lasciato andare nel vuoto. 
Nel suo reparto.
Poco più tardi, Mario è stato soccorso e trasportato, ormai agonizzante, all'ospedale. E' morto proprio al reparto dove era stato assunto da due mesi, il primo posto fisso dopo una serie interminabile di lavori saltuari. Una storia come tante: la militanza politica nella sezione di Lotta Continua, il precariato, la famiglia, un briciolo di sicurezza economica. Poi l'arresto per una vicenda che sembrava definitivamente sepolta nel mistero. Non ne so niente, ho una casa da pagare e un figlio da crescere, ecco quello che posso dirvi, aveva ripetuto al giudice istruttore Guido Catenacci. Ma gli inquirenti sono convinti di aver raccolto elementi inoppugnabili a carico di Mario Scrocca e di altre quattro o cinque persone (latitanti, di cui non sono stati forniti i nomi), tutte accusate del duplice omicidio. Secondo alcune notizie filtrate in mattinata, prima di uccidersi il giovane infermiere avrebbe indirizzato ai familiari una lettera in cui chiedeva perdono per il tragico gesto e spiegava il perché del suicidio: Non me la sento di affrontare un processo, so di essere innocente. Ma il particolare è stato smentito in modo secco a palazzo di giustizia: Mario Scrocca, in cella, avrebbe scritto solo una sorta di diario in cui annotava con minuzia tutte le più piccole vicende della detenzione, dal momento dell'arresto in poi. Secondo l'avvocato difensore, Giuseppe Mattina, ad accusare l' ex simpatizzante di Lotta Continua (incensurato e sconosciuto alla Digos prima di due giorni fa) è la testimonianza di una pentita. La ragazza avrebbe detto di aver visto Mario a una riunione in cui fu decisa la sigla da usare per la rivendicazione del sanguinoso agguato: Nuclei armati per il contropotere territoriale
La sparatoria di via Acca Larenzia, al Tuscolano, fu uno degli episodi più gravi dell'ondata di violenza che sconvolse la capitale all'epoca in cui il terrorismo era una tragica realtà quotidiana. Franco Bigonzetti, 20 anni, e Francesco Ciavatta, di 19, uscivano dalla sede missina assieme a un terzo attivista di destra quando, alle loro spalle, arrivò di corsa un commando di sette otto persone tra cui (secondo le testimonianze raccolte poco dopo) c'era anche una donna. Dal gruppo, partirono una quindicina di colpi di pistola e i due ragazzi crollarono a terra, centrati in punti vitali. Inutile il ricovero in extremis al San Giovanni. Poco più tardi, esplose la reazione furiosa degli attivisti di destra: cariche, colpi di spranga, sassaiole, qualche sparo. Un carabiniere fece fuoco con la pistola d'ordinanza e un altro missino, Stefano Recchioni, 19 anni, cadde a terra con la testa trapassata da un proiettile. Tre morti, questo il bilancio finale di una giornata di violenza. Le indagini, per anni, rimasero ferme. All'una di notte del 30 aprile, i carabinieri del reparto operativo hanno fatto irruzione nell'appartamento di via Gino Giordano, dove Mario Scrocca abitava da pochi mesi con la giovane moglie Rossella (impiegata della direzione del Partito liberale) e il figlioletto Tiziano. Hanno detto che era per un semplice controllo, di stare tranquillo racconta, annichilito dal dolore, il fratello Gianni, 30 anni, impiegato del Poligrafico di Stato lo hanno portato a Via in Selci e poi direttamente al carcere. Il giorno dopo, il giudice Catenacci lo ha interrogato in cella. Io ho parlato con l' avvocato Giuseppe Mattina che ha assistito al colloquio. Mi ha detto che il magistrato aveva mostrato a mio fratello una lunga lista di nomi e gli aveva chiesto quanti ne conoscesse. Poi lo aveva congedato, fissando un nuovo appuntamento per lunedì. Secondo l' avvocato, Mario poteva stare tranquillo: non c'erano elementi di accusa validi e sarebbe uscito tra pochissimo. Contro di lui, c'era solo la testimonianza della pentita, che però parla solo di una riunione, non dell'omicidio. Questa storia è allucinante aggiunge il giovane Mario era un tipo tranquillo, sereno, per niente depresso. Non era affatto uno che poteva togliersi la vita, non so cos' è successo veramente ma al suicidio io non ci credo. 
Politica a scuola 
Mio figlio aveva fatto politica a scuola, come tanti altri, ragazzate aggiunge la madre, una donna piena di energia nonostante lo choc della tragedia ma non era neanche uno dei più attivi. Finito l'istituto tecnico, al Giovanni XXIII si era dedicato solo al lavoro, aveva lasciato perdere tutte quelle storie. Ma le pare che se avesse ucciso due persone, quando aveva 19 anni, io, sua madre, non mi sarei accorta di niente, non lo avrei visto cambiato, spaventato? Invece niente, Mario è sempre stato tranquillo. Dopo il diploma e un inutile tentativo di trovare lavoro come perito elettrotecnico, il giovane aveva cercato di guadagnarsi da vivere con una serie di attività alternative: una birreria in via dei Limoni, una mensa (la Magiscola) a via Tiburtina, una jeanseria sempre al Tiburtino, aperta assieme alla ragazza che sarebbe diventata sua moglie. Poi, scoraggiato, si era iscritto a un corso per infermieri professionali, aveva trovato un posto alla clinica Mater Dei e, finalmente, aveva vinto il concorso per l' assunzione al Santo Spirito. Da qualche tempo, si era trasferito dall'appartamento di via Casilina 957 dove abitava col padre, Antonio, muratore in pensione, e la madre alla casa nuova, acquistata con un mutuo. Sulla morte del detenuto, è stata aperta una nuova inchiesta affidata al sostituto procuratore Giacomo Paoloni.
Roma dunque usciva in quegli anni da una serie di sanguinose lotte politiche. Per strada, negli anni '70, anche il rifiuto si un volantino poteva essere pretesto per una coltellata. Nel quartiere era ancora vivo il ricordo di quelle lotte che da lotte di borgata si mescolavano a lotte politiche per la rivendicazione di diritti sociali come la casa ed il lavoro. Centocelle, Torpignattara, Pigneto, Quadraro, Villa Gordiani furono quartieri protagonisti della resistenza partigiana romana e il sentimento popolare era ancora vivo nelle famiglie qui nate e cresciute. Ricordi che si tramandavano e che sfociavano, forse franitesi, negli anni di piombo.

lunedì 30 ottobre 2017

Quando Villa de Sanctis non c'era!

Una mappa.
Sicuramente della prima metà del '900. O forse anche più antica.

Questa zona si estende tra via Casilina, via dei Gordiani e viale della Primavera. Dalla sua edificazione sono passati oltre 30 anni e da allora molte strade hanno cambiato percorso; di nuove ne sono state aperte; altre hanno solo cambiato nome.


Mi sono concentrato sul percorso che circonda il quartiere, quello che in mappa è segnato come Vicolo dei Carbonari.

Ho sovrapposto ad essa, la mappa di Google Maps ed il risultato è stato sorprendente.

I numeri in giallo sono i punti su cui mi sono voluto soffermare e che di seguito elencherò.

Al numero 1 partiva il Vicolo dei Carbonari. Attualmente la via prende il nome di Via Labico ed in quel tratto si immette a senso unico in via Casilina.

La strada costeggia la parte posteriore dell'Ospedale Vannini che come descritto sul sito dell'ospedale: "inizia la sua attività nel 1912 come Casa per anziani per trasformarsi successivamente nel 1950 in Casa di Cura Chirurgica Figlie di S. Camillo e nel 1980 in ospedale generale di zona Figlie di S. Camillo (classificato con deliberazione della giunta regionale del Lazio n° 6252 del 14 dicembre 1979). Nel 1993 assume il nome attuale di Ospedale Madre Giuseppina Vannini. Fin dall‘inizio della sua atti-vità (primi del 900), è stato attuato ad un continuo lavoro di ampliamento e ristrutturazione, al fine di poter accogliere tra le corsie e gli ambulatori dell‘ospedale i pazienti che ogni anno affluiscono ai vari settori della diagnostica-terapeutica avanzata.

A pochi metri di distanza, sulla destra per chi guarda la foto, troviamo l'ingresso di Via Capua (2) che ci porta direttamente a Via Labico per poterla percorrere nel senso di marcia.
Ecco il punto n. 3 della foto, ovvero l'incrocio tra Via Capia e Via Labico (Vicolo dei Carbonari).

Proseguiamo verso Villa se Sanctis.


Al punto n. 4 raggiungiamo Piazza Sessa Aurunca che incrocia Via Minturno con Vicolo dei Carbonari (Via Labico).

Proseguiamo seguendo il tratto di Via Labico (dx) per raggiungere un altro bivio quello con via dei Gordiani.

Il passare del tempo, l'edificazione ed i lavori pubblici hanno trasformato le strade.
Da questo punto via Labico (Vicolo del Carbonari) deviava a sinistra per la Borgata Gordiani, di cui abbiamo avuto modo di parlare qui

Dritto continuava per raggiungere Centocelle che, all'epoca, doveva apparire come l'attuale periferia romana con un'unica grande strada (Via dei Castani) e tante piccole diramazioni di strade chiuse. 

I palazzoni di Villa de Sanctis non c'erano, c'era una grande campagna. Anche perché, come si vede nella foto successiva, vicolo dei Carbonari terminava dove oggi (non allora) partiva l'attuale via Romolo Lombardi e copriva il tratto di Via Belmonte Castello (6).

Forse attraverso strade di campagna si raggiungevano infine i punti 7, 8 e 9. 



Ovvero i punti in cui oggi Villa de Sanctis si collega a viale della Primavera (anch'essa all'epoca inesistente).

Allo stesso modo era inesistente il punto 10, ovvero il punto in cui via dei Gordiani di collegava a via Casilina. Non era necessario per la borgata Gordiani collegarsi a via Casilina, dato che gran parte dell'edificato era rivolto verso la via Prenestina e l'Acqua Bullcante.


Esistevano, non v'è dubbio, le catacombe (11) dei Santi Marcellino e Pietro ad duas lauros. Un complesso di catacombe da poco esplorato, la cui estensione dovrebbe coprire, probabilmente l'intero quartiere di Villa de Sanctis

Guarda il video di Alberto Angela ambientato proprio nelle Catacombe.

venerdì 27 ottobre 2017

Villa Gordiani quartiere popolare e l'espansione di Roma Capitale negli anni '50.



Si trattava di un quartiere di edilizia popolare iniziato ad edificare tra il 1952 ed il 1955, dunque la foto dovrebbe essere di quell'epoca. Per Roma erano passati pochissimi anni dalla Seconda Guerra Mondiale; il comune era a guida centrista, dopo la scelta di De Gasperi (DC) di non allearsi con Socialisti e Comunisti.  Dal dopoguerra, Sindaco di Roma era stato Rebecchini nel 1946, poi una parentesi commissariale con Mario De Cesare, poi di nuovo Rebecchini dal 1947 al 1956, dapprima sostenuto da democristiani, liberali e qualunquisti (Partito dell'Uomo Qualunque), poi dal 1956 sostenuto da democristiani, liberali, repubblicani e socialdemocratici. 

Non era ancora l'epoca del boom economico, e l'Italia (con Roma inseme) viveva anni di tensioni che sfociavano in contestazioni.
Come spiega Wikipedia sulla non dettagliatissima pagina dedicata a Rebecchini, "nel 1955 fu aperto al pubblico il primo tratto della metropolitana di Roma (Termini-EUR) e nel 1951 fu inaugurato un tratto del Grande Raccordo Anulare che, cinque anni dopo, era già completato per circa il 75%; fu anche realizzata l'apertura della Via Cristoforo Colombo sino all'EUR, e il suo prolungamento sino ad Ostia con fondi ANAS. L'amministrazione Rebecchini si impegnò perché si portassero a termine altre opere pubbliche programmate e avviate durante gli ultimi anni del regime fascista, come l'allargamento del tratto urbano di via Prenestina. Fu infine avviato un consistente programma edilizio, in particolare con i fondi INA-Casa (legge Fanfani), che comportò la realizzazione, tra il 1949 e il 1959, di oltre 110.000 vani di edilizia economica e popolare (Italo Insolera, Roma moderna, cit., pag. 192 e succ.ve). Sul lato della pianificazione e programmazione urbanistica, nel 1953 Rebecchini affidò a una commissione di 90 esperti (il "Comitato di elaborazione tecnica") il compito di elaborare un nuovo Piano Regolatore Generale di Roma (il "Piano del C.E.T."), in sostituzione di quello del 1931 ancora in vigore e ormai in via di scadenza. Durante il suo mandato, Roma fu scelta dal CIO quale città organizzatrice dei Giochi della XVII Olimpiade (15 giugno 1955) e fu gemellata con Parigi (21 aprile 1956)".

Per le sue politiche di espansione edilizia, Rebecchini subì grandi contestazioni da parte dei partiti di opposizione. Quel sistema era, all'epoca, considerato necessario per vari ordini di motivi: creazione di posti di lavoro; rispondere alle richieste di alloggi popolari in conseguenza dei un grande esodo verso Roma, sia dalla provincia stessa, ma soprattutto dal Sud Italia.

Per maggiori approfondimenti sulla storia di questo nuovo (per l'epoca) quartiere potete consultare l'interessantissimo PDF che vi lascio a questo link (Studi sulla periferia est di Roma a cura di Giuseppe Strappa ed. Franco Angeli).

Progettisti del complesso di case popolari furono Mario De Renzi e Saverio Muratori.

Ora confrontiamo la foto in alto con una seconda foto presa da Google Street View. 



Al numero 1 ho segnato quello che, presumibilmente doveva essere il punto in cui era fissato il cartellone. Se osservate la foto vecchia, noterete che al centro della Via Prenestina passano comunque dei binari del tram (da non confondere col trenino Roma-Fiuggi che invece passava sulla Via Casilina). Se quel cartellone era piantato in quel punto, evidentemente il tram ancora non passava di là, ma era stata comunque fatta una predisposizione. Rammento che la stessa via Prenestina come oggi la conosciamo, non aveva la stessa estensione che ha oggi (fino a Gallicano, Zagarolo e Palestrina, dove arriverà nel 1960). 

Al numero 2 è segnata la posizione della Torre degli Schiavi che dà il nome alla via poco distante (Via Tor de' Schiavi) di cui abbiamo avuto modo di parlare approfonditamente qui. Come è possibile vedere in foto, dalla visuale che abbiamo, è ormai coperta interamente dai pini posti lungo la strada.

Al numero 3 ho segnato il tratto di via Prenestina, attualmente incrocio con Via Dignano D'Istria (da quella parte) e Largo Irpinia e Viale Partenope alle spalle di chi guarda. 

Al numero 4 la parte più interessante, probabilmente della foto. Nella foto nuova non si vedono perché coperte dai pini, ma nella foto vecchia si vede una lunga palazzina bianca. Osservando le mappe e facendo una trasposizione, potrebbe trattarsi proprio del complesso in costruzione di Villa Gordiani che, ad oggi, appare così:


All'epoca doveva apparire veramente diverso, in effetti in una foto di Roma Sparita si vedono le bianche mura delle case in costruzione:

 Eccole in una foto, probabilmente contemporanea a quella iniziale.


Questo, infine, è il complesso come appare oggi. L'edificio più in basso a forma di "L" aperta dovrebbe essere quello in questione, che si vede sullo sfondo della prima foto al numero 4.

Infine al numero 5 ho segnalato lo sfondo di Via Prenestina. Oggi sappiamo com'è e dove arriva, ma per molti versi le foto antiche in circolazione sono veramente poche e non è facile ricostruire molti luoghi. Se tra i lettori ci fosse qualcuno che è interessato e vuole collaborare per uno studio più approfondito, potete contattarmi. Grazie.

Se vi è piaciuto questo post commentate e condividete. Vi risponderò se avrete domande da farmi.

giovedì 26 ottobre 2017

Via dei Gordiani ai tempi di Mario Monicelli.

VIA DEI GORDIANI - clicca sull'immagine per ingrandire
Questa foto è tratta dal film "I nuovi mostri" di Mario Monicelli. Il film è datato 1977 ed in questa scena (una delle prime) vediamo, vestito di nero, l'attore Paolo Baroni "il pretino" assistente del Monsignore (vestito di rosso in foto) Vittorio Gassman.

A sinistra nella foto è possibile vedere delle baracche (probabilmente le ultime rimaste della Borgata Gordiani, di cui abbiamo avuto modo di parlare qui). In primo piano, sempre a sinistra, dei bambini forse residenti proprio in quelle baracche. 

La strada, semi asfaltata che parte dalla destra della foto per raggiungere il centro è l'attuale via dei Gordiani. Confrontando con la foto n. 2 è possibile vedere come sia stata allargata rispetto all'originaria forma. Effettivamente questa via ragliava praticamente in due la Borgata ed era molto stretta vedi foto n. 1. 

Sulla destra, segnato con il numero 3 in rosso, c'è la fine del lungo muraglione che oggi recinta i campi di calcio del San Lorenzo e del Cisco, ma all'epoca doveva servire come confine della borgata stessa (se presente), o probabilmente è stato eretto successivamente.

Sullo sfondo, in bella vista, il costruendo quartiere di Villa de Sanctis, all'epoca Casilino 23 (dal nome del Piano di Zona). 

Nell'ultima foto ho effettuato un montaggio tra la foto tratta dal film e la foto 2. Il risultato è la posizione esatta della scena del film, nell'ambientazione odierna a confronto con quella di allora (1977) laddove metà della strada era praticamente sterrata, al posto dei capannoni della metro C sorgevano prati e qualche baracca, ed il quartiere di Villa de Sanctis era praticamente inesistente.



FOTO 1 - clicca sulla foto per ingrandire

FOTO 2 - clicca sull'immagine per ingrandire

FOTO 3 - clicca sull'immagine per ingrandire
Il 1977 fu un anno assai turbolento per Roma: erano gli anni di piombo, le Brigate Rosse gambizzarono (spararono alle ginocchia) di molti politici, giornalisti e magistrati, ma erano anche anni di grande attenzione alle masse popolari ed alle periferie romane. Basti pensare che fu l'anno di inizio dell'Estate Romana che, come riporta Wikipedia, è "una celebre manifestazione culturale organizzata dal comune di Roma in diversi luoghi monumentali della capitale a partire, appunto, dal 1977. Tale progetto ebbe vita durante le giunte di sinistra di Giulio Carlo Argan e Luigi Petroselli, sotto la guida dell'architetto Renato Nicolini, all'epoca assessore alla Cultura. L'allestimento di grandi eventi cinematografici, teatrali e musicali nel centro storico di una grande città ottiene sin dalla prima edizione un grandissimo successo, tanto da trasformarsi in fenomeno di costume: negli anni ottanta gli eventi dell'Estate Romana vengono emulati in numerose città, stimolando un dibattito culturale internazionale sulle modalità di intervento delle amministrazioni pubbliche nella promozione di eventi culturali destinati al grande pubblico. La manifestazione viene ideata dall'architetto Renato Nicolini, assessore alla cultura della giunta comunista di Giulio Carlo Argan, nell'intento di indurre i cittadini romani a usufruire degli spazi pubblici della metropoli in risposta all'emarginazione delle periferie prendendo spunto dall'enorme domanda di convivialità e richiesta di cultura, dai “nuovi bisogni” provenienti dal basso che avevano trovato espressione nell'adesione di massa (150 mila persone) al festival del proletariato giovanile (organizzato dalla rivista Re nudo) tenutosi al parco Lambro di Milano l'anno precedente. In molti quartieri della città venivano organizzati autonomamente eventi del genere che raccoglievano una grande adesione popolare. L'estate romana ruppe il diaframma dei ghetti urbani aprendo il centro storico della città alle periferie. La politica culturale promossa da Nicolini andava in controtendenza con una storica abitudine italiana di forte accentramento della cultura e di divisione classista dell'accesso al sapere, di tradizionale appannaggio delle élite".

Non stupisce, dunque, come Mario Monicelli, regista sensibile ed attento ai temi della romanità più popolare, avesse voluto aprire questo film ambientandolo sullo sfondo di una zona che stava trasformandosi da borgata degradata a periferia residenziale. 

mercoledì 25 ottobre 2017

Una foto da Santa Maria della Misericordia, la Borgata Gordiani e le Suore Cabrini

clicca sull'immagine per ingrandire
 
Come si legge dal sito del Vicariato di Roma la parrocchia fu "Istituita come vicecura dal Cardinale Vicario Francesco Marchetti Selvaggiani il 29 ottobre 1937 e dichiarata dipendente dalla parrocchia dei Santi Marcellino e Pietro ad Duas Lauros, è stata eretta parrocchia del Cardinale Vicario Clemente Micara il 15 luglio 1952 con il decreto "Boni pastoris" ed affidata ai sacerdoti della Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza di Verona (Don Calabria) che già avevano amministrato la vicecura, e, infine trasferita al clero diocesano di Roma". Dunque, essendo scritto sulla foto (in alto a destra) "parrocchia" è presumibile che la foto sia successiva al 1952.

Confrontando con le foto dal satellite e fronte strada (in basso a colori) si possono scorgere: 

il muro (1) che costeggia l'attuale campo nomadi; un edificio (2) probabilmente sempre appartenente alla Parrocchia; i cortile sul retro della chiesa (3).

Nella prima foto è anche possibile vedere una struttura a forma di capannone (4) con sopra scritto "Suore Cabrini". Sotto non sono riuscito a capire la scritta. Effettivamente, come si legge dal sito www.cabrinimsc.it le suore dell'Istituto Cabrini sono dedite "all’impegno educativo nelle Scuole, all’assistenza e organizzazione negli Ospedali, nelle piccole e nelle grandi opere, si aggiungono impegni tra i bambini abbandonati, Comunità nelle periferie delle grandi città,  nelle zone emarginate e rurali, collaborazioni nei centri di accoglienza per esuli ed emigranti, nelle strutture per malati terminali, pastorale per le famiglie e gli anziani,  favorendo progetti di recupero per donne e per giovani e sostenendo iniziative a livello nazionale ed internazionale". Sebbene oggi l'istituto vero e proprio sorga a circa 200 metri di distanza dal capannone in foto, appare chiaro come le suore Cabrini potessero ed avessero voluto porre un avamposto proprio in questa  estrema e degradata (all'epoca) periferia romana.

Infine sullo sfondo della prima foto e sullo sfondo dell'ultima è possibile scorgere due differenti skyline: il primo è quello della Borgata Gordiani, che occupava tutto lo spazio a destra e sinistra di Via dei Gordiani, compreso dove ora sorgono le strutture sportive del San Lorenzo calcio e della Cisco Roma; il secondo è del più moderno quartiere Villa de Sanctis sorto a cavallo degli anni 70/80 e disegnato dall'arch. Ludovico Quaroni.




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mercoledì 18 ottobre 2017

Ponte Nomentano, una storia "sacra"

"Scampagnata” è una parola italiana che significa “escursione nella campagna”. Oggi la parola è scomparsa, ma nel XVIII secolo molte famiglie della classe media trascorrevano le loro domeniche a fare delle passeggiate fuori dalle mura di Roma; molte andavano ai Prati di Castello, ma anche i prati vicino a Ponte Nomentano attiravano i picnic, come ci mostra Giuseppe Vasi in questa piastra del 1754.



Cibo e vino potevano essere acquistati in una locanda vicino al ponte.
Nella descrizione sottostante la piastra, il Vasi fa riferimento a: 1) Taverna sul lato del fiume verso Sabina; 2) Rovine del periodo romano; 3) Via Nomentana verso Roma; 4) Monte Sacro. La vista è presa dal punto verde nella piccola mappa del 1920 qui sotto che mostra: 1) Ponte Nomentano; 2) Villa Chigi; 3) Monte Sacro; 4) Sedia del Diavolo; 5) Tomba romana lungo Via Nomentana.


I dintorni di Ponte Nomentano non sono stati colpiti dal moderno sviluppo di Roma lungo Via Nomentana; nel 1924 l'aumento del traffico è stato reindirizzato su un nuovo ponte costruito a breve distanza dall'antico, ora riservato ai pedoni.
Il confronto tra un'immagine corrente con l'incisione dimostra che il letto del fiume non è stato correttamente dragato e che quindi il basso arco del ponte potrebbe causare un'ostruzione al flusso dell'Aniene; nel dicembre 2008 Ponte Nomentano ha effettivamente causato una forte inondazione (vedere alcune immagini del Tevere fotografato durante quel periodo).



Ponte Nomentano

Il ponte romano aveva tre archi di cui solo il centro non fu danneggiato durante la guerra greco-gotica; nel 552 il ponte fu restaurato; alcuni piccoli archi furono aggiunti a quello centrale che fu fortificato; la torre sul lato verso Roma fu costruita da Papa Nicola V.


In passato Ponte Nomentano è stato oggetto di numerosi dipinti paesaggistici tra cui quelli di seguito di Benouville e Corot.




Monte Sacro

Monte Sacro significa Santa Montagna; è una piccola collina isolata che al tempo della Roma Antica fu scelta per augurare il volo degli uccelli; basandosi su queste osservazioni, gli Auguri potevano stabilire se un’azione proposta avesse l’approvazione divina oppure no. Gli Auguri avevano un tempio sulla Collina del Palatino.
Secondo Livy nel 494 a.C. i plebei romani si riunirono sul Monte Sacro quando abbandonarono Roma in una specie di sciopero generale. Il patrizio Menenio Agrippa li convinse a ritornare a Roma ed a lavorare, raccontando loro il famoso apologo delle membra del corpo.
Secondo altre fonti, i plebei si riunirono sulla collina Aventina.



La religione degli antichi Romani non dava molta speranza alla vita dopo la morte; forse questo è uno dei motivi per cui i romani più ricchi volevano che i loro monumenti funebri fossero molto evidenti e costruiti lungo le strade che collegavano la città alle province. Spesso ponevano delle lunghe iscrizioni su di essi in modo che i loro nomi e le loro azioni vivessero oltre loro. Un’incisione del 1792 di Johann Christian Reinhart (in basso) mostra un mausoleo dell'epoca imperiale nei pressi di Ponte Nomentano; a differenza delle rovine di Vasi, non è stato demolita quando il quartiere si è sviluppato.


Simon Bolivar è l'eroe nazionale di molti paesi dell'America Latina; all'età di 22 anni, come parte del suo Grand Tour italiano, visitò Roma ed il 15 agosto 1805 (Ferragosto) dalla cima del Monte Sacro fece un giuramento alla presenza di Simon Rodriguez, suo compagno e mentore, che egli non avrebbe permesso che il suo braccio riposasse, né la sua anima morisse, finché non fosse riuscito ad avverare il suo sogno di liberare il mondo sudamericano dal dominio spagnolo. Un monumento disegnato da Jorge Castello, architetto venezuelano, è stato eretto nel 2005 per celebrare l'evento.

Villa Chigi



I Chigi avevano un grande palazzo ad Ariccia ed una villa a Formello. Quest'ultimo era in condizioni scadenti e troppo lontano da Roma; nel 1763 il Cardinale Flavio Chigi acquistò un’azienda agricola vicino a Ponte Nomentano trasformata in una piccola villa da Tommaso Bianchi e Pietro Camporese; il cardinale Chigi supervisionò personalmente alla sua decorazione con dipinti e mobili. La villa a Formello fu infine abbandonata.



Il cancello e gli ingressi della villa sono ancora decorati con i simboli araldici dei Chigi (sei montagne e una stella), ma gli arredi e la maggior parte dei dipinti sono stati venduti dagli eredi di Flavio Chigi. Oggi la villa è una proprietà privata, mentre una parte dei suoi giardini appartiene alla Città di Roma (ma le fontane e le statue che la decoravano sono andate perdute).

Sedia del diavolo


Un grande mausoleo romano vicino a Via Nomentana era noto come Sedia del Diavolo nel Medioevo perché il crollo del suo ingresso gli dava forma di una sedia gigantesca. Fu costruito per Aelius Callisto, un liberato dell'imperatore Adriano (il cui secondo nome era Aelius). È una delle tante tombe di mattoni costruite nel II secolo d.C.; aveva due piani, una camera di sepoltura sotto e una sala per cerimonie sopra. Il sepolcro di Annia Regilla è un mausoleo simile che conserva gran parte della sua decorazione originale.
Situata vicino a Ponte Nomentano, anche questa tomba ha attirato l'attenzione dei pittori paesaggistici; vedi in baso una vista del 1872 di Enrico Coleman che mostra la tomba prima che fosse circondata da un condominio molto alto.



Tomba romana di Tor di Quinto

Nel 1875 gli scavi a Tor di Quinto, una zona paludosa a ovest di Ponte Salaro, portarono alla scoperta di un piccolo monumento funerario con due parti superiori circolari e frammenti della loro decorazione. La Tomba dei Curiazi ad Albano è un esempio di questo tipo di monumenti funerari. I frammenti della decorazione furono utilizzati per una ricostruzione parziale della tomba lungo Via Nomentana.

martedì 17 ottobre 2017

I ponti dei valloni di Passerano

Ponte della Mola
Acquedotti romani a San Vittorino, Gallicano, San Gregorio e Zagarolo.

Qui si può apprezzare, di valle in valle, la capacità idraulica raggiunta dagli antichi: dovendo attraversare queste valli traversali, i romani tirarono dritto, procedendo in parte in galleria, in parte in viadotto. 
Uscendo dal casello di Tivoli dell'A24 possiamo andare alla scoperta dei ponti di San Vittorino o fare un giro di quelli di Gallicano.


Nel primo caso, al trentesimo chilometro della via di Poli, scendendo sul fosso dell'Acqua Rossa, si incontra Ponte Lupo, uno dei più colossali. Poi, percorrendo la Faustiniana (SP 38a) e la Selciatella (una carrareccia che risale la valle della Mola) ne incontriamo altri due, il ponte della Mola di San Gregorio e il ponte san Pietro. Spostandoci sul vicino fosso dell'Acqua Raminga troviamo il ponte di Sant'Antonio, verso Tivoli il ponte degli Arci sull'Empolitana e gli Arcinelli sulla passeggiata di Pomata.
Ponte Tauella
A Gallicano ritroviamo agevolmente i due ponti sul fosso di Collafri, la Bulica e il Pischero, grazie ad un percorso attrezzato dal Comune. Più avanti il Ponte Taulella sul Rio Secco. Poi, girando attorno alla testata della valle, ecco il ponte di Caipoli, in perfetta corrispondenza con quello della Bulica.
Ponte Pischero

Trovare gli altri è più faticoso! Il ponte del Fienile sul fosso di valle Inversa è talmente sommerso dalla vegetazione da sembrare una siepe. Poi c'è il ponte Barucelli che valica l'Acqua Nera. Ma i più difficili da individuare sono in una valle impervia, accanto alla bretella autostradale Fiano - San Cesareo. Facendosi strada penosamente tra rovi, calcinacci e discariche di rifiuti a "Colle Pizzuto" (altra lottizzazione di Zagarolo) si ritrovano i due ponti dell'Acqua Marcia e della Claudia, fianco a fianco, che ancora scalvalcano il Fosso Oscuro... Chissà se esiste qualche Sovrintendenza ad occuparsi di loro!

Ponte della Bulica


I ponti di Passerano

1. Ponte Barucelli o Diruto, sono i due ponti dell'Aniene Nuovo e dell'Acqua Claudia legati fra loro sull'Acqua Nera.
2. Ponte Caipoli dell'A. Marcia, sul fosso omonimo a due arcate sovrapposte
3. Ponte degli Arcinelli dell'Aniene Nuovo a due arcate
4. Ponte della Bulica dell'Acqua Marcia sul fosso di Collafri
5. Ponte della Mola dell'Aniene Vecchio sul fosso omonimo a doppia arcata, raccordo adrianeo, lungo 155 m, alto 24, in parte crollato nel 1965
6. Ponte del Fienile soffocato dalla vegetazione
7. Ponte Lupo o Pontelupo, colossale ponte dell'Acqua Marcia sul Fosso dell'Acqua Rossa alto 39 m, lungo 100
8. Ponte Pischero dell'Aniene Vecchio sul fosso di Collafri, in parte rifatto come ponte stradale
9. Ponte Sant'Antonio dell'Aniene Nuovo sull'Acqua Raminga, lungo 120 m, alto 30, minacciato da fenditura
10. Ponte San Pietro dell'Acqua Marcia sul fosso della Mola
11. Ponte Taulella dell'Aniene Vecchio sul Rio Secco
12. Ponti sul fosso Scuro sono due ponti affiancati della Claudia e della Marcia, più a monte dl 150 m ci sono anche resti dell'Aniene Nuovo.

Ponte Caipoli
Ponte Barucelli

Tratto da INTORNO A ROMA, Mappe, strade acquedotti, torri e casali del Suburbio e dell'Agro di Luigi Cherubini.