martedì 30 novembre 2021

Intorno a Roma, borghetti storici - Mappa interattiva

Chi aveva dei conti da regolare con la giustizia prendeva la via di Conca (l’attuale Ardeatina) e si rifugiava nella tenuta di “Campo Morto” sul litorale romano che, pur di procurarsi manodopera, assicurava l’impunità a chiunque. Il luogo era malsano per via delle paludi e solo i malfattori accettavano l’ingaggio. Torme di bufale selvagge frequentavano quei luoghi in stato di totale libertà:

    … e quando sguazzavano negli stagni litoranei avevano un aspetto “stranamente equatoriale che ricordava un po’ i giovani elefanti o gli ippopotami…” Cervesato A. Latina Tellus, 1922, pag. 90.

Provenienti dall’Asia Centrale, erano state portate qui nel medioevo dai barbari:

    Le bufale venivano aggiogate a pesantissimi carri da campagna chiamati “barrozze” per il trasporto di marmi, oppure venivano utilizzate per lo spurgo dei canali. Da allora non se ne sono più andate anzi, a quanto pare, hanno trovato nelle paludi costiere del Lazio e della Campania una seconda patria di produzione di prelibati latticini!

In quella selvaggia contrada che era il litorale romano ogni dimora era fortificata. Lo era Castel Fusano, con quattro torri, feritoie e torriere; Maccarese detta Castel San Giorgio, Torrimpietra e anche Castel Porziano. L’attuale residenza di villeggiatura del Presidente della Repubblica conserva l’aspetto di borgo fortificato. La popolazione rurale abitava infatti in borghetti cinti da mura come Nettuno, Pratica di Mare e Santa Maria di Galeria. Insieme a torri di vedetta come Tor Paterno, Torvaianica, Tor Caldara, Tor San Lorenzo erano un po’ la prima linea dai possibili attacchi dal mare.
Nel 1580 i pirati, sbarcati all’improvviso, riuscirono a catturare e a ridurre in schiavitù gran parte della popolazione di Pratica, sorprendendola al lavoro nei campi. Da allora una torre altissima, dotata di campanella, svettava sul borghetto con il compito di dare l’allarme. Torretta poi atterrata dai tedeschi in ritirata nell’ultima guerra. Una volta catturati, se non venivano riscattati, i malcapitati rischiavano di essere venduti come schiavi in apposite fiere nel Medio Oriente. Per una sorta di par condicio schiavi mori incatenati al remo finivano nella galere pontificie. Il 26 maggio 1748 (come ricorda un’epigrafe posta nel castello) una ventina di pirati furono catturati a Maccarese. Lo stesso aspetto degli abitanti di Nettuno, i tratti somatici, i costumi, ricordava quello mediorientale, tanti che si diceva che i Nettunensi discendevano da una colonia di Saraceni.
Di questa secolare minaccia restano a testimonianza alcuni borghetti, piccole città in genere cinte di mura, dall’impianto urbanistico regolare, fondate nel Cinquecento per cercare di colonizzare la plaga marittima. A queste si aggiungono un paio di borghi marinari e di piccole agropoli rupestri.

 
I BORGHETTI

Castel di Guido fondato da Guido, duca di Spoleto, che vinse i Saraceni.

Castel Giuliano (vicinanze di Bracciano) palazzo-villa dei Marchesi Patrizi

Castel Porziano antica “Porcigliano”, residenza d. Presidenza della Repubblica


Ceri (a 10 Km sulla ds del Km 32 Aurelia) su una rupe (oggi Torlonia)

Cesano (a 5 Km sulla sin Km 28 Cassia)
Riceviamo e pubblichiamo:  l'origine del borgo di Cesano è etrusca, ma si sono trovati reperti più antichi. Il '500 è venuto molto dopo.

Fiumicino (sulla destra del portocanale) borgo marinaro attribuito al Valadier

Isola Farnese (a 2 Km sulla ds Km 19 Cassia) su una rupe col castello Ferraioli

Nettuno borgo marinaro con porticciolo

Ostia Antica (ds Km 23,5 via del Mare) borgo e la rocca di Giulio II (sotto)


Pratica di Mare (via om.) col castello Borghese ampliato nel ‘600 da Carlo Rainaldi

Quadroni vicino Manziana con chiesa settecentesca

Rota (strada Manziana-Tolfa) fondato nel 1563 dai Santacroce, ora Lepri, vi morì nel 1703 FrancescoEschinardi, appassionato studioso dell’agro romano

Santa Maria di Galeria (Osteria Nuova) borgo-casale del Collegio Germanico

San Vittorino (Roma) castello Barberini con borghetto “a fuso d’acropoli”

 Sasso (tra Cerveteri e Bracciano) del 1552 della famiglia Patrizi con giardino all’italiana

Vicarello (tra Bracciano e Trevignano) borgo-casale del Collegio Germanico

 

Fonte: “Intorno a Roma – Mappe, strade, acquedotti, torri e casali del Suburbio e dell’Agro” di Luigi Cherubini – Provincia di Roma


mercoledì 24 novembre 2021

Il modo più veloce che conosco per visitare Roma

Immagina te stesso a spasso (o in bicicletta) lungo via Prenstina, a Roma. La tua passeggiata inizia da Porta Maggiore e segue l’antica via romana che porta a Praeneste (Palestrina). 

Porta Maggiore
Poco dopo la caduta dell’impero romano la strada fu abbandonata e fu riaperta solo nella seconda metà del XIX secolo. Oggi il tratto iniziale di via Prenestina è una zona altamente popolata e alcuni dei monumenti antichi mostrati in questa pagina sono circondati da alti palazzi.

La sopraelevata di Via Prenestina
Torrione Prenestino
Passato il ponte della ferrovia e superata la sopraelevata, ti ritrovi sulla sinistra il Torrione: si tratta di un muro circolare che circondava un tumulo. La via Prenestina era meno importante di altre strade romane, come la via Appia o la via Flaminia, tuttavia alcuni ricchi romani la scelsero come luogo per erigere le loro tombe; probabilmente erano proprietari di alcune ville nella zona o venivano da Praeneste. Questo che ti trovi davanti ora era un grande mausoleo; purtroppo fu danneggiato durante la seconda guerra mondiale, quando questo quartiere di Roma venne bombardato, a causa della sua vicinanza ai magazzini ferroviari della città. A causa della sua vaga somiglianza con una torre fu chiamato il Torrione; dopo la guerra la terra venne rimossa e venne scoperta la camera di sepoltura.

Adesso cammina ancora per un po', via Prenestina procede in discesa ed alla fine di questa ti troverai a Largo (piazza) Preneste: questo è il centro di un borgo molto trafficato e congestionato di Roma. 

Colombario di Largo Preneste

Una piccola tomba romana (colombario) fatta di mattoni e avente la forma di un piccolo tempio sembra quasi totalmente fuori dal contesto. L’edificio è stato usato per secoli come casa o granaio e piccole finestre sono state aperte nelle spesse mura romane. 

I periodici allagamenti di Largo Preneste

Quando a Roma piove copiosamente, questa zona si allaga sempre. Potresti scommetterci! Ma il problema non è dell'urbanizzazione, almeno in questo caso. Qui l'acqua c'era ancora prima delle case, qui passava il fosso della Marranella (affluente dell'Aniene) e vicinissimo troviamo il lago Ex Snia (una capatina potresti farcela, anche solo per conoscerne la curiosa storia che ha portato alla sua scoperta).

Lago Ex Snia

Qui vicino, il fosso della Marranella riceve le acque delle sorgenti del bullicame o bollicante, cosiddette per la presenza in esse di emanazioni gassose sulfuree.

Lasciato Largo Preneste alle tue spalle, arriverai al terzo miglio di Via Prenestina; qui un giardino pubblico (Villa Gordiani) offre una vasta gamma di edifici antichi. L’area è conosciuta come Tor de’ Schiavi, ma non ha niente a che fare con la schiavitù; il nome deriva da Vincenzo Rossi dello Schiavo che acquisì gli edifici e la terra vicina nel 1571. Nel Medioevo era stata costruita una torre in cima ad una sala ottagonale coperta da una cupola che probabilmente faceva parte di antichi bagni. La parete cilindrica al centro ha sostenuto i gradini che conducono alla cima della torre medievale.

Tor de'Schiavi

Il giardino fu chiamato Villa Gordiani dopo gli imperatori romani Gordiano I, Gordiano II e Gordiano III; furono imperatori nel 238-44 d.C., durante un periodo di turbolenza conosciuto come l’anarchia militare; la loro famiglia aveva una grande tenuta nella zona. 

Scorcio di Villa Gordiani
Il restante edificio principale tuttavia è stato eretto più tardi, all’inizio del IV secolo d.C. Non sappiamo ancora a chi era stata dedicata la grande tomba circolare. In questo giardino l’esistenza di un grande complesso di vasche è dimostrata da diverse cisterne con una grande capacità di stoccaggio. 

Cisterna maggiore Villa Gordiani

Lascia ora qui Villa Gordiani e prosegui fino ad arrivare all'incrocio con viale Palmiro Togliatti. Prima di oltrepassarla e proseguire lungo la Prenestina, merita una visita l'Acquedotto Alessandrino al Fosso di Centocelle.

Acquedotto Alessandrino oltrepassa il Fosso di Centocelle, ora Viale Palmiro Togliatti

Gli acquedotti testimoniano le tecniche avanzate di costruzione sviluppate dagli ingegneri romani; il movimento dell’acqua si basava sulla gravità e ciò significa che era necessario un gradiente adeguato lungo tutta la lunghezza dell’acquedotto, il cui percorso è stato attentamente pianificato per sfruttare quanto più possibile la forma del terreno; 
La ciclabile che passa sotto l'acquedotto

nel caso dell’acquedotto costruito dall’imperatore Alessandro Severo nel 226 d.C. per l’approvvigionamento dei bagni in prossimità di Palazzo Madama, gli ingegneri hanno trovato un percorso che ha mantenuto il condotto d’acqua molto vicino al livello naturale del terreno; questo non fu possibile tuttavia nella depressione vicino a Via Prenestina e fu costruita un’imponente serie di archi per colmare il divario. La depressione era il fosso di Centocelle, intubato per fare posto a viale Palmiro Togliatti.

Dopo questa piccola deviazione, puoi proseguire verso la zona di Tor Tre Teste. Il paesaggio della Campagna Romana è stato caratterizzato da antichi acquedotti e da torri medievali fino all’inizio del XX secolo. Tor Tre Teste fu chiamata così dopo il rinvenimento di un rilievo funerario raffigurante tre teste murate alla sua base (ora sostituito da una copia).

La torre e le tre teste (in basso a destra)
Ed ora puoi arrivare al IX miglio della Via Prenestina. Forse non te ne sei accorto, ma il ponte sul quale stai camminando, e dove passano migliaia di automobili al giorno, è un ponte di 125 metri costruito nel I secolo a.C. Gli antichi romani avevano una grandissima voglia di progettare strade dritte e per ottenere questo risultato spesso non compromettevano il paesaggio. Tuttavia, quando si vede il piccolo ruscello sotto il ponte (anche supponendosi più largo 2000 anni fa), la decisione di costruire un ponte così grande può essere giustificata solo dalla politica delle opere pubbliche che il Senato e gli imperatori metteranno in pratica, ovvero tenere occupati i plebei romani. Una politica simile è stata seguita dai papi: Papa Clemente XI giustificava le spese per nuove chiese, fontane, ecc. dicendo: “è tutta beneficenza!"
Ponte di Nona, data incerta

Ponte di Nona oggi

Qui sotto trovi un video realizzato in bicicletta e che incontra poiù o meno i posti di cui ti ho parlato nel post.


Se ti è piaciuta questa passeggiata me lo scriveresti nei commenti? La faresti? A piedi o in bicicletta?

sabato 13 novembre 2021

Origine del nome Centocelle: Costantino e gli Equites (forse) non c'entrano niente

Secondo alcuni siti, il nome "Centocelle" deriverebbe da Centum Cellae, una cittadella militare fatta costruire dall'imperatore Costantino I, dove trovavano alloggio cento dei migliori cavalieri della guardia imperiale, gli Equites Singulares Augusti e i loro cavalli.

I siti che riportano questa informazione sono Wikipedia (ora modificato) e Centocelle Urban Mag, più altri e svariati post e commenti sui social o qua e là su Internet. Ma è possibile che tutti riportino la stessa informazione e tutti con la stessa frase?

Per capire la nostra storia dobbiamo andare a Ponte Milvio e indietro nel tempo, fino al 28 ottobre 312 d.C.

Immaginate due imponenti armate in guerra che si fronteggiano e si schermagliano. Da una parte ci sono germani, celti, britanni, dall'altra romani, italici, tirreni, africani e siculi. Le cavallerie di ambedue le parti sono schierate sulle ali, come di regola mentre le fanterie più esperte si trovano al centro.

Siamo alle soglie della battaglia di Ponte Milvio, tra Massenzio e Costantino ed oggi si deciderà chi sarà imperatore di Roma.

Ma cosa c'entra questo con la nostra ricerca dell'origine del nome di Centocelle? 

Secondo le notizie che circolano, Costantino avrebbe fatto costruire una cittadella militare "Centum Cellae" dove avrebbero trovato alloggio cento dei migliori cavalieri della guardia imperiale, gli Equites Singulares Augusti e i loro cavalli. L'unico a dirlo è il Delli, secondo il quale "erano chiamate Centum Cellae le rovine degli alloggiamenti della cavalleria romana" (Delli, 1988 p. 277) trasferita dal campo Marzio in questa zona a partire dal I sec. a.C. (praticamente 400 anni prima di Costantino!).

Ma se guardiamo bene lo schieramento a Ponte Milvio, la guardia pretoriana, gli Equites Singulares Augusti sono schierati dalla parte di Massenzio, e anzi difendono la testa del ponte, al centro dello schieramento. 

Tutti sanno come andò a finire la battaglia, con la vittoria di Costantino. Pertanto pensate che avrebbe premiato gli Equites che si erano schierati contro di lui, o li avrebbe sciolti una volta al potere? 

Dopo aver sconfitto Massenzio, Costantino abolì la Guardia Pretoriana, ponendo fine ad un'istituzione durata all'incirca 300 anni. Ma Costantino probabilmente aveva anche altri motivi per abolire questa istituzione: essa era diventata obsoleta poiché gli Imperatori da qualche tempo risiedevano sempre di meno nella città eterna. Il ruolo rivestito dalla cavalleria della Guardia, gli equites singulares Augusti, ovvero provvedere alla difesa personale dell'Imperatore, era ora ricoperto dalle scholae

Ma ancora più interessante è il fatto che Costantino fece edificare il mausoleo di sua madre, Elena, nel 326 proprio sull'area dove si estendeva una necropoli degli Equites, nella zona Ad Duas Lauros. Se seguissimo il ragionamento della tesi più nota, Costantino prima vince la battaglia a Ponte Milvio nel 312, poi (non si sa bene quando) fa costruire una cittadella militare per i pretoriani a Centocelle (vicino la loro necropoli), poi nel 326 edifica la tomba della madre sopra la necropoli dei pretoriani. Non si capisce perché i pretoriani non abbiano marciato su Roma, visto lo spregevole affronto, magari cercando di spodestare Costantino. 

In realtà è più probabile che Costantino, calcolatore e pragmatico, dapprima scioglie la guardia pretoriana (come effettivamente fece con la riforma dell'esercito romano), e poi cercò di cancellare il ricordo degli Equites Singulares addirittura facendo sparire la loro necropoli. Come è stato fatto oggigiorno con Bin Laden, seppellito in mare e non in una tomba per evitare "pellegrinaggi".

Ma comunque, mi direte voi, gli Equites in questa zona c'erano!!! Sì, c'erano, ma solo da morti e Costantino volle cancellarne addirittura la memoria. Tant'è che, ad oggi, non è ancora possibile decifrare con esattezza il luogo puntuale della loro sepoltura. 

Del resto anche il sito della Soprintendenza è chiaro al riguardo: 
"l’area del Mausoleo di Sant’Elena, all’interno del possedimento imperiale definito nel Liber Pontificalis come ad duas lauros o inter duas lauros, era dalla tarda epoca repubblicana interessato da necropoli estese lungo l’antica via Labicana, l’attuale Casilina; tra il II e il III sec. d.C. fu occupata dal cimitero degli equites singulares, cavalieri della guardia imperiale, ma già al tempo delle persecuzioni i cristiani scelsero questa località per le tombe di alcuni martiri subito oggetto di venerazione. Deliberatamente in questa zona, all’interno del fundus vicino al palazzo imperiale del Sessorium occupata da cimiteri di martiri, ma anche distruggendo la necropoli della guardia imperiale che egli stesso sciolse poiché schierata a favore di Massenzio, Costantino tra il 315 e il 325 d.C. realizzò la basilica circiforme in onore dei Santi Marcellino e Pietro, periti durante la persecuzione dioclezianea, e il mausoleo dinastico in cui sarà sepolta la madre Elena, secondo uno schema con il quale diede inizio alla cristianizzazione monumentale del suburbio".

Ma veniamo al nome di Centocelle.

Sbaragliato il campo dalle notizie che circolano, cerchiamo di capirne meglio il significato. 

In età romana, quindi anche durante l'epoca di Costantino, la "cella" era la cantina (cella vinaria), la cella di un tempio, una piccola camera da letto per una persona, quella parte del carcere dove erano tenuti i condannati a morte in attesa del supplizio, ogni ambiente di uno stabilimento termale, il nido delle colombe e delle api, un tugurio e, in genere, la parte della casa adibita a ripostiglio. (Fonte: Martial., Epigramm. III, 48: Pauperis extruxit cellam, sed vendidit Ollus Praedia: nunc cellam pauperis Ollus habet"; Varrone, Ling. Lat. V., 33, 162)

Dall'VIII secolo, quindi oltre 400 anni dopo Costantino, il termine accentuò la sfumatura di "luogo appartato", fino a diventare, con l'espansione del monachesimo, sinonimo di cella eremitica.(Fonte: Isid. Hisp., Etym. XV, 3, 9: "Cella dicta quod nos occultat et celat")

Contemporaneamente passò ad indicare qualunque tipo di rovine che ricordasse nell'aspetto un sotterraneo e quindi il significato che acquisì fu di cantina o magazzino, per l'uso che si faceva delle tombe romane e delle cisterne. (Fonte: Conti 1984, p. 126, s. v. Cella)

Il nome Centocelle, prima di essere utilizzato qui da noi, ha percorso nei secoli altri luoghi:

418 d.C. - Rutilio Namaziano dice: "Ad Centumcellas forti defleximus austro" per descrivere le installazioni del porto di Civitavecchia fatte nel 108 d.C. da Traiano, all'epoca dei ruderi ma ben funzionanti.

989 d.C. - una località fuori Porta San Pietro viene definita "Centecellas" indicando il complesso di ruderi prospicente la porta.

996 d.C. - Ottone III conferma all'abbazia dei SS. Alessio e Bonifacio sull'Aventino il possesso di un "casale de Centumcellis", situato tra Casal di Morena e la Marrana dell'Acqua Mariana, ove erano presenti cospicui resti della villa romana detta Grotte Centroni. 

1217 - la chiesa di S. Maria in Monisterio vende un appezzamento confinante con il "tenimentum casalis Centumcellarum" nome con cui definisce il Circo di Massenzio sull'Appia Antica che dal 1421 rientra nella tenuta Girolo e Centocelle, con riferimento al circo e alle numerose rovine della villa di Erode Attico.

Solo nel 1523 abbiamo attestazione nella zona che ci interessa: la Torre di Centocelle. Costruita nel XII secolo a controllo della sottostante consolare in un'area particolarmente ricca di ambienti (cellae) sul terreno, residui di ville, tombe, cisterne romane e altro. Il numero "cento" costiuisce una cifra qualsiasi per sottolineare la particolare abbondanza di strutture antiche qui presenti. Per esempio l'omonima osteria presente al km 8 della Casilina, occupa un curioso edificio in laterizio, a pianta circolare e con addossata una sala absidata. Fonte: Ashby 1982, p, 108 - "il nome della località è senza dubbio una esagerazione popolare che ebbe origine quando le rovine (della villa imperiale Ad duas lauros) erano meglio conservate di quanto lo siano ora".

Conclusioni:

le interpretazioni dei termini toponomastici, così come vengono tramandati nei secoli, è sempre cosa ardua e non basta un post su Internet per mettere una pietra definitiva. 

Ognuno, leggendo e rileggendo la storia come riportata potrà farsi un'idea delle certezze e dei dubbi. In fondo il sapere è solo nozionismo se non collegato alla messa in dubbio di tesi e opinioni. 

Sono aperto ad ogni critica, questo post non è il vangelo, ma soltanto una spassionata analisi che mette in dubbio precedenti teorie e che potrà a sua volta essere messa in dubbio.

Grazie a chi vorrà condividerla o commentarla.

Prenestino - Labicano e le nobili famiglie romane nel 1877

Immaginiamo un signore sui 40 anni. Sta facendo colazione, servito dai suoi camerieri con un servizio sfarzersco. Indossa una camicia bianchissima e dei pantaloni attillati e neri. Sul tavolo c'è l'Osservatore Romano. Lo prende, inforca un paio di occhiali e legge: in Italia, la Legge Coppino, emanata durante il periodo della Sinistra storica, rende l'istruzione elementare obbligatoria dai sei ai nove anni in tutto il Regno d'Italia. E' il 15 luglio 1877, quel signore è Massimo Del Drago e ci troviamo nella sua villa tra Tor Pignattara e la Tenuta di Acqua Bullicante.

Filippo Massimiliano Del Drago Biscia Gentili, II principe di Mazzano ed Antuni, questo è il nome completo di quel signore sui 40 anni. 
Sulle pareti della villa campeggiano le foto dei suoi genitori: del padre Urbano Del Drago Biscia Gentili, I principe di Mazzano ed Antuni, e di sua madre la principessa romana Teresa Massimo.

Filippo era erede di diverse fortune: da quella della famiglia Gentili innanzitutto, ereditata dalla prima moglie di suo padre, ma anche parte delle ricchezze dei nobili principi Massimo a Roma. 

Quella dove si trovava ora era una piccola villetta fuori porta. Voleva stare per un po' lontano da quel chiacchiericcio della nobilità romana. Filippo era intrepido e spavaldo, non esitò a sposare per interesse una dicendente di Francesco I delle Due Sicilie, per ingraziarsi la benevolenza del Papa.

Ecco come doveva apparire la campagna intorno a Roma nel 1877. Fonte: web  
 
Venne coinvolto a tal punto sia nella nella politica pontificia che in quella del Regno delle Due Sicilie, che ormai si voleva astenere dal neonato regno d'Italia, ed ancor di più quando Vittorio Emanuele II entrò a Roma sette anni prima, rifiutandosi categoricamente di collaborare con quanti considerava apertamente degli invasori, seppur vincenti.
 
La divisione fra nobiltà nera e bianca, filopapale e filoitaliana, era più apparente che reale e non scalfiva la coesione dietro le proclamazioni di principio.

Negli ultimi 10 anni la vita romana iniziava a vedere i primi, timidi segni di un processo di modernizazione economica e sociale. Modernizzazione che, per una città circondata da ettari ed ettari di terreni agricoli non poteva che tramutarsi in modernizzazione del settore agricolo: fiorivano istituzioni come la Società romana di orticultura, la Società dell'incoraggiamento per migliorare il suolo, l'agricoltura e la pastorizia.

Anche per questo Filippo si trovava nella tua villa. Voleva andare a vedere dei nuovi attrezzi agricoli in prova nella vicina tenuta di Centocelle: si passava dalle trebbiatrici azionate dalla forza dell'uomo o dei cavalli alle trebbiatrici a vapore. 

Trebbiatrice azionata da cavalli

Trebbiatrice azionata da uomini

Mentre si trova sulla porta della sua villa, guarda all'orizzonte, e siccome è una bella giornata, intravede in lontanza verso sud, il Mausoleo di Sant'Elena, vicino alla Villa dei De Sanctis. I De Sanctis furono tra i primi tenutari che cominciarono a mutare i rapporti di classe (nobili proprietari e mercanti di campagna discutevano alla pari). 

Mausoleo di Sant'Elena in un acquerello del Piranesi del 1756. Non credo che fosse tanto diverso 121 anni dopo.
 

Tutto ciò avveniva sebbene la popolazione a Roma fosse ancora papalina nell'animo più indolente che lieta, dopo sette anni di Regno d'Italia. Le abitudini placide e indifferenti, tipiche del popolo romano, erano troppo forti da farsi smuovere da quella novità.

Filippo salì sulla carrozza e, sedutosi iniziò a pensare agli anni passati: da quando il duca di Sermoneta presiedette la Giunta provvisoria di governo della città, fino alla sua fuga definitiva (e liberatrice) verso Firenze. 

Chissà, magari anche il principe Filippo avrebbe voluto andarsene. Ma non voleva fare la fine del principe Doria che, costretto a funzioni di corte, tentò di rifiutare la nomina a senatore e finì per chiudersi nel suo palazzo.

Ma ancora i tempi non erano maturi per quella nobiltà romana che, pur accettando il cammino della storia, non si adattava ai nuovi modelli sociali e comportamentali: ci penseranno i figli ad alimentare una forte presenza aristocratica negli organismi politici della città.

La storia appena descritta è un po' romanzata. Ma dalla mappa che ho pubblicato sembrerebbe proprio che alcune importanti famiglie avevano qualche possedimento in questo quadrante: Aldobrandini, Del Grande, Del Drago su tutte. Poi ce ne sono altre: Ambrogetti, Pantaleo, De Sanctis appunto, Bordoni. 

Non c'era Centocelle, non c'era Viale Partenope. Roma finiva al Mandrione. Chissà se il principe Filippo avrà mai immaginato cosa sarebbe accaduto da li a 100 anni esatti...
Carta topografica dell'Istituto Geografico Militare - 1877 - Carta graduata della zona di Roma in scala di 1:25.000, orografia a tratteggio, idrografia e indicazioni topografiche. Fonte Archivio Capitolino.

Borgata Gordiani: nel 1938 fu costruita la scuola. Dove si trova oggi?

Continuiamo a parlare della Borgata Gordiani.

Impresa costruttrice Zaccardi e Rocchi, Roma, Via Assisi 69. Inizio lavori 11 marzo 1938. Ultimazione 20 aprile 1938.

Foto tratta dall'archivio storico Capitolino.

Uno studio pubblicato su Internet dell'Università "La Sapienza" DiAr Osservatorio sul moderno a Roma - Ricerca "Scuole" per la Conservatoria del Comune di Roma - nella scheda dell'arch. P. Capolino viene analizzato un "lotto di forma rettangolare" posto "all'angolo tra via dei Gordiani e via Anagni" confinante "a ovest con l'asilo nido Anagni e a sud con via Belmonte".

Lotto attuale: angolo Gordiani/Anagni

L'edificio "è stato ultimato nel 1967 ed è stato costruito sul sedime degli edifici pubblici demoliti, costruiti nel 1938 a servizio della borgata Gordiani".

BINGO!!! 

Sono andato allora a guardare le mappe dell'Istituto Geografico Militare e, fortunatamente, ne ho subito trovata una del 1950, quindi prima dell'edificazione del nuovo complesso scolastico e, forse, ancora riportante il vecchio edificio del 1938.

Mappa IGM 1950. Si noti a sud Tor Pignattara, a nord Acqua Bullicante, ad est Centocelle (a sud-est si nota bene Piazza dei Mirti). Al centro (cerchio rosso) c'è la Borgata Gordiani e poco più a nord di essa, percorrendo via dei Gordiani ci si imbatte di una struttura dalla tipica forma di una scuola degli anni '30 (anche la Cecconi, semicoeva, a Centocelle ha quella forma). Probabilmente è lì che sorgeva l'edificio scolastico della Borgata Gordiani, poi demolito per far posto a quello che, ad oggi, è una succursale del Liceo Benedetto da Norcia (foto successiva).

Se avete altre informazioni, potete scrivermele nei commenti. Grazie.

Prima di Villa de Sanctis: la borgata Gordiani

Roma, 6 maggio 1933. Un signore di quasi 60 anni sta salendo la scalinata del Campidoglio, sono le 7 di mattina; è vestito con una abito scuro, la camicia bianca ed una cravatta altrettanto scura. Nella mano destra stringe "il Messaggero". I suoi baffi neri risaltano sulla carnagione chiara. Si tratta del Principe Francesco Boncompagni Ludovisi, governatore di Roma.

Nel salire le scale sente una voce che lo saluta, è uno dei fratelli Giovannetti, titolare dell'omonima società specializzata in costruzione di borgate. Giovannetti vuole sincerarsi che tutto quello per cui è lì, vada bene. Ma cosa deve andare bene? 

Il governatore deve firmare due delibere, la n. 2630 e la n. 2631: delibere che affideranno alla ditta Giovannetti l'appalto per la costruzione delle ennesime borgate romane: Tor Marancia e, appunto, Gordiani. 

Facciamo un passo indietro. Poco tempo prima erano state sfollate oltre 200 famiglie. Alcuni provenivano dall'ex pastificio Costa di via Portuense, altri dal ricovero di piazza Guglielmo Pepe ed altri ancora dal baraccamento situato in un avvallamento del terreno tra via della Stazione di San Pietro e via delle Fornaci. 

Come riporta il libro di Luciano Villani "Le borgate del Fascismo", Borgata Gordiani riassunse tutte le criticità tipiche di una borgata ma concentrate al massimo grado: rapidità d’esecuzione, materiali utilizzati scelti in funzione del massimo risparmio, localizzazioni che rispondevano ad esigenze esterne ai nuclei trasferiti (basso costo dei terreni, isolamento dalla città per allentarne le tensioni e per ragioni estetiche, sostegno ideologico alle politiche demografico-ruraliste, promozione di una crescita spontanea e senza regole della periferia, facilità di controllo e sorveglianza). Insediamenti ufficiali come la borgata Gordiani (ma anche Tor Marancia e Pietralata) vengono descritti come i più squallidi e miseri, veri e propri campi di segregazione di fronte ai quali persino la vita condotta in un baraccamento spontaneo poteva considerarsi meno dura e desolante. 


Non mutava nemmeno la categoria sociale dei trasferiti: le borgate concentravano un’altissima percentuale di disoccupati e sottoccupati, saltuari impiegati a giornata nel settore dell’edilizia, persone dedite al commercio ambulante o a quei mestieri che divennero tipici dei borgatari: stracciarolo, cernitore ecc., accanto alle situazioni più segnate da una vita condotta a stretto contatto con la strada, ma è come se fosse sopraggiunto un ulteriore disinteresse nei loro riguardi, non tanto dal punto di vista delle risorse assegnate, quanto rispetto alle caratteristiche di fondo dei progetti e alle scelte di localizzazione dei terreni, la cui natura geologica sconsigliava lo sviluppo di insediamenti abitativi, se di carattere provvisorio e senza le opere di consolidamento strutturale necessarie

900.000 lire. Questo fu all'incirca il costo di costruzione della borgata Gordiani, da ultimarsi in 50 giorni. Ad oggi sarebbero circa 1000 euro.

Il progetto di Gordiani, avallato dal direttore dei servizi tecnici e dalla Sezione del Consiglio Superiore dei LL.PP., mancava incredibilmente dei «padiglioncini per latrine, con relativi pozzi neri» e della sistemazione della strada d’accesso per consentire il transito delle autobotti di vuotatura. Anche borgata Gordiani era denominata col toponimo “Acqua Bullicante”, ma essa si distingue chiaramente dalle due borgate vicine (Prenestina e Teano) proprio per la mancanza dei gabinetti interni, sistemati in comune fuori dalle abitazioni.

Ma torniamo alla scalinata del Campidoglio a quel signore dal vestito scuro e dal Giovannetti che lo aspetta. I due iniziano a parlottare. Veramente strano veder parlare un Principe, governatore di Roma, con un medio imprenditore, anziché con qualche grande famiglia di latifondisti romani. 

Con quelli, il Principe Boncompagni ci andava probabilmente a cena. Vaselli, Federici, Tudini, Talenti solo per citarne alcune.

"Se nun se sbrigamo, qua ariva Bottai e ce fa chiude a tutti" questo dovette pensare il Giovannetti. E fece bene perché la successiva amministrazione Bottai, più lontana dal mondo aristocratico e del latifondo romano cercò se non di interrompere, quantomeno di attenuare i connubi tra imprese e fondi pubblici governatoriali.

Le delibere per la borgata Gordiani e Tor Marancia vennero firmate, ma non era solo quello il vero affare. L’impresa Giovannetti eseguì per conto del Governatorato tutte le altre opere riguardanti le borgate Gordiani e Tor Marancia, in particolare le due scuole Asilo, frequentate da bambini dai tre ai sei anni, il Giardino d’Infanzia ottenuto dalle baracche esistenti, gli ambulatori e qualche negozio, anch’essi ricavati dalle baracche. Per ognuno di questi appalti si erogarono ripetutamente nuovi fondi dopo i primi stanziati. I lavori di adattamento di due ricoveri ad ambulatorio e abitazione per un sovraintendente, decisi nel dicembre 1933, ottennero nuovi fondi a distanza di più di un anno, nel febbraio 1935; ugualmente accadde per i negozi. Eppure non sembra trattarsi di lavori particolarmente gravosi: per la scuola di Tor Marancia, ricavata da tre baracche, ci si limitò al solo abbattimento dei tramezzi e alla costruzione di tre gabinetti, lasciando intatta l’ossatura e l’altezza delle baracche, non modificandone in alcun modo la struttura. Nei cortili delle Case dei Bambini delle due borgate vennero realizzate, sempre dalla ditta Giovannetti, due piscine, su richiesta dell’Ufficio Assistenza Sociale, ed anche in questo caso i lavori procedettero dopo nuovi stanziamenti di denaro.


Borgata Gordiani, dopo l’edificazione delle prime baracche verso la metà del 1933, fu ampliata in dicembre, con una spesa di quasi 800 mila lire. Dagli allegati al contratto del 23 dicembre 1933 è possibile individuare i vari tipi di baracca realizzati, differenti tra loro per il numero dei singoli alloggi abbinati. La metratura per ogni locale era di 4,60 per 3,50 m, (oppure 4 per 4), altezza 2,20 e finestra 1,25 per 0,90, costi dalle 1420 alle 1600 lire a vano. L’appalto stabiliva la costruzione di 362 vani, un lavatoio composto da 20 vasche, sette gabinetti comuni, ognuno dei quali formato da quattro latrine. Nella borgata si ritrovarono a vivere, nel tempo, un migliaio di nuclei familiari, circa 5000 persone.fonte: https://books.openedition.org/ledizioni/107?lang=it

Il "male" nella toponomastica romana

La composizione con altre parole di questo termine, erede diretto dell'aggettivo latino malus, -a, -um, e il suo impiego nella toponomastica sono stati da molti erroneamente interpretati. Si ritiene, infatti, che, rispetto alle solite donominazioni dispregiative, indicanti il cattivo stato di un terreno o di un edificio, e l'irregolare regime di un fosso, Mala sia il sinonimo di ambiente frequentato da persone sospette, banditi e briganti. Le campagne romane erano da sempre alla mercé di gruppi di taglieggiatori. Effettivamente le cronache di tutti i tempi registrano fatti di sangue, verificatisi in molti luoghi e aventi come vittime non solo l'uomo facoltoso o il pellegrino, derubati di ogni loro bene e feriti a morte, ma anche esponenti di famiglie nobili, coinvolti in interminabili faide contro gli avversari nella lotta per il potere.
Alcuni riportano, ad esempio, la pagina di un diario del 1516, nel quale al giorno 22 novembre viene descritto come presso la Valle della Caffarella, lungo l'Appia Antica "fu ammazzato misser Bernardo Macaro, procuratore, che lo fece ammazzare casa Orsina, perché lui fece ammazzare lo cavaliero Orsini", e così via, ad esempio tipico del modo di risolvere in passato le controversie, ma poco significativo per le conseguenze avute nella nascita di qualche toponimo.

Vero è invece che Cavallomorto (comune di Anzio), Affogalasino, Diavolo e Inferno sono solitamente utilizzati per sottolineare la pericolosità di certi corsi d'acqua, apparentemente tranquilli e facilmente attraversabili, ma profondi e vorticosi nei mesi di pioggia. Il nome Sanguinario, quasi sempre connesso a fossi e attestato nelle provv. di Roma e Viterbo sin dal sec. X, ha origine dalla particolare colorazione assunta dall'acqua, ricca di sedimenti rossastri in sospensione nei periodi di piena (lo stesso motivo per cui alcuni torrentelli sono detti Fosso della Merda, Smerdolara o Smerdarolo); le tradizioni locali, però, preferiscono ricollegarlo alla memoria di feroci battaglie combattute nei pressi e adducono come prova di quanto affermato il continuo rinvenimento durante i lavori agricoli di scheletri. Tiradiavoli, del quale si ha una sola attestazione, non richiama il decesso di alcuno, ma si riferisce alla leggenda della dannazione di Donna Olimpia; Omomorto prende il nome dal ritrovamento dei antiche tombe; lo Scannato non ricorda lo sgozzamento di uno sventurato, ma l'eliminazione, dalle rive del fosso così chiamato, degli abbondanti canneti che ne impedivano il libero flusso.