sabato 13 novembre 2021

Prima di Villa de Sanctis: la borgata Gordiani

Roma, 6 maggio 1933. Un signore di quasi 60 anni sta salendo la scalinata del Campidoglio, sono le 7 di mattina; è vestito con una abito scuro, la camicia bianca ed una cravatta altrettanto scura. Nella mano destra stringe "il Messaggero". I suoi baffi neri risaltano sulla carnagione chiara. Si tratta del Principe Francesco Boncompagni Ludovisi, governatore di Roma.

Nel salire le scale sente una voce che lo saluta, è uno dei fratelli Giovannetti, titolare dell'omonima società specializzata in costruzione di borgate. Giovannetti vuole sincerarsi che tutto quello per cui è lì, vada bene. Ma cosa deve andare bene? 

Il governatore deve firmare due delibere, la n. 2630 e la n. 2631: delibere che affideranno alla ditta Giovannetti l'appalto per la costruzione delle ennesime borgate romane: Tor Marancia e, appunto, Gordiani. 

Facciamo un passo indietro. Poco tempo prima erano state sfollate oltre 200 famiglie. Alcuni provenivano dall'ex pastificio Costa di via Portuense, altri dal ricovero di piazza Guglielmo Pepe ed altri ancora dal baraccamento situato in un avvallamento del terreno tra via della Stazione di San Pietro e via delle Fornaci. 

Come riporta il libro di Luciano Villani "Le borgate del Fascismo", Borgata Gordiani riassunse tutte le criticità tipiche di una borgata ma concentrate al massimo grado: rapidità d’esecuzione, materiali utilizzati scelti in funzione del massimo risparmio, localizzazioni che rispondevano ad esigenze esterne ai nuclei trasferiti (basso costo dei terreni, isolamento dalla città per allentarne le tensioni e per ragioni estetiche, sostegno ideologico alle politiche demografico-ruraliste, promozione di una crescita spontanea e senza regole della periferia, facilità di controllo e sorveglianza). Insediamenti ufficiali come la borgata Gordiani (ma anche Tor Marancia e Pietralata) vengono descritti come i più squallidi e miseri, veri e propri campi di segregazione di fronte ai quali persino la vita condotta in un baraccamento spontaneo poteva considerarsi meno dura e desolante. 


Non mutava nemmeno la categoria sociale dei trasferiti: le borgate concentravano un’altissima percentuale di disoccupati e sottoccupati, saltuari impiegati a giornata nel settore dell’edilizia, persone dedite al commercio ambulante o a quei mestieri che divennero tipici dei borgatari: stracciarolo, cernitore ecc., accanto alle situazioni più segnate da una vita condotta a stretto contatto con la strada, ma è come se fosse sopraggiunto un ulteriore disinteresse nei loro riguardi, non tanto dal punto di vista delle risorse assegnate, quanto rispetto alle caratteristiche di fondo dei progetti e alle scelte di localizzazione dei terreni, la cui natura geologica sconsigliava lo sviluppo di insediamenti abitativi, se di carattere provvisorio e senza le opere di consolidamento strutturale necessarie

900.000 lire. Questo fu all'incirca il costo di costruzione della borgata Gordiani, da ultimarsi in 50 giorni. Ad oggi sarebbero circa 1000 euro.

Il progetto di Gordiani, avallato dal direttore dei servizi tecnici e dalla Sezione del Consiglio Superiore dei LL.PP., mancava incredibilmente dei «padiglioncini per latrine, con relativi pozzi neri» e della sistemazione della strada d’accesso per consentire il transito delle autobotti di vuotatura. Anche borgata Gordiani era denominata col toponimo “Acqua Bullicante”, ma essa si distingue chiaramente dalle due borgate vicine (Prenestina e Teano) proprio per la mancanza dei gabinetti interni, sistemati in comune fuori dalle abitazioni.

Ma torniamo alla scalinata del Campidoglio a quel signore dal vestito scuro e dal Giovannetti che lo aspetta. I due iniziano a parlottare. Veramente strano veder parlare un Principe, governatore di Roma, con un medio imprenditore, anziché con qualche grande famiglia di latifondisti romani. 

Con quelli, il Principe Boncompagni ci andava probabilmente a cena. Vaselli, Federici, Tudini, Talenti solo per citarne alcune.

"Se nun se sbrigamo, qua ariva Bottai e ce fa chiude a tutti" questo dovette pensare il Giovannetti. E fece bene perché la successiva amministrazione Bottai, più lontana dal mondo aristocratico e del latifondo romano cercò se non di interrompere, quantomeno di attenuare i connubi tra imprese e fondi pubblici governatoriali.

Le delibere per la borgata Gordiani e Tor Marancia vennero firmate, ma non era solo quello il vero affare. L’impresa Giovannetti eseguì per conto del Governatorato tutte le altre opere riguardanti le borgate Gordiani e Tor Marancia, in particolare le due scuole Asilo, frequentate da bambini dai tre ai sei anni, il Giardino d’Infanzia ottenuto dalle baracche esistenti, gli ambulatori e qualche negozio, anch’essi ricavati dalle baracche. Per ognuno di questi appalti si erogarono ripetutamente nuovi fondi dopo i primi stanziati. I lavori di adattamento di due ricoveri ad ambulatorio e abitazione per un sovraintendente, decisi nel dicembre 1933, ottennero nuovi fondi a distanza di più di un anno, nel febbraio 1935; ugualmente accadde per i negozi. Eppure non sembra trattarsi di lavori particolarmente gravosi: per la scuola di Tor Marancia, ricavata da tre baracche, ci si limitò al solo abbattimento dei tramezzi e alla costruzione di tre gabinetti, lasciando intatta l’ossatura e l’altezza delle baracche, non modificandone in alcun modo la struttura. Nei cortili delle Case dei Bambini delle due borgate vennero realizzate, sempre dalla ditta Giovannetti, due piscine, su richiesta dell’Ufficio Assistenza Sociale, ed anche in questo caso i lavori procedettero dopo nuovi stanziamenti di denaro.


Borgata Gordiani, dopo l’edificazione delle prime baracche verso la metà del 1933, fu ampliata in dicembre, con una spesa di quasi 800 mila lire. Dagli allegati al contratto del 23 dicembre 1933 è possibile individuare i vari tipi di baracca realizzati, differenti tra loro per il numero dei singoli alloggi abbinati. La metratura per ogni locale era di 4,60 per 3,50 m, (oppure 4 per 4), altezza 2,20 e finestra 1,25 per 0,90, costi dalle 1420 alle 1600 lire a vano. L’appalto stabiliva la costruzione di 362 vani, un lavatoio composto da 20 vasche, sette gabinetti comuni, ognuno dei quali formato da quattro latrine. Nella borgata si ritrovarono a vivere, nel tempo, un migliaio di nuclei familiari, circa 5000 persone.fonte: https://books.openedition.org/ledizioni/107?lang=it

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