venerdì 25 febbraio 2022

Villa Cellere, viaggio all'interno di un misterioso ipogeo (II Parte)

Sezione Ipogeo Villa Cellere

Continuiamo il viaggio all'interno di questo affascinante quanto misterioso ipogeo tratto da Marchi, G. (1844). Monumenti delle arti cristiane primitive nella metropoli del cristianesimo: Architettura. Italia: Tip. di C. Puccinelli.

Leggi la prima parte qui.

Sarebbe poi sconsigliatezza il presumere di poter portare una giusta sentenza intorno all'uso a cui servì la parte nobile di questo cristiano solterraneo, somigliante a quello di s. Agnese nelle due scale, diversissimo da ogni altro luogo cimiteriale nello spazio che alle due scale s' intramezza, quando prima non se ne esaminasse sottilmente l'interna struttura e le principali particolarità . E postochè la cella esterna non entra a costituirne l'integrità, incomincisi dalle due scale, le quali con inclinazioni tra loro ben diverse e molto capricciose discendono dalla via pubblica e dalla campagna nel cimitero. Capricciosa altresì e in qualche modo curvilinea ne è anche la loro icnografia, non parallela la loro
larghezza , che dove più si protende non oltrepassa un metro e mezzo . Lo spazio piano che tra esse si frappone , non ha più che trenta metri di lunghezza su due di larghezza ; e sui due lati gli si aprono le une rimpetto alle altre sei celle sepolcrali con una bocca larga tre metri ed una profondità presso a poco di quattro . Le sei celle costituiscono anch' esse la parte nobile del sotterraneo , come quelle che ne hanno comune il pavimento e comune l'altezza delle volte a differenza delle quattro vie laterali ; e sulla loro bocca non hanno pareti o tramezzi che da esso le dividano. In tal guisa l'area intera di questo sotterraneo , che può considerarsi quasi separato dal cimitero comune , è presso a poco di centrenta
due metri quadrati.
Per dare al sotterraneo , il quale non s'abbassa più che otto metri sotto il piano della campagna superiore, la solidità che non potevasi ottenere dalla fragilità del tufa , fu necessario che l'arte v aggiungesse del suo le pareti e le volte . Non sono adunque le sole due scale con muri e volte artifiziali ; ma il sotterraneo quanto è ampio va debitore di sua conservazione a questo universale provvedimento. Le celle laterali , come poco profonde , sonosi sostenute senza gli aiuti delle costruzioni : ma le quattro vie laterali se si vollero prolungare , si dovellero restringere alla misura comune delle vie tutte cimiteriali , e con una dolce inclinazione , che può vedersi in A tav . VIII , convenne abbassarle fino ad aver trovato negli strati del tufa quella saldezza , nella quale è ricavato tutto il rimanente cimitero de santi Marcellino e Pietro.
Ma ciò che meglio d'altra cosa ne può condurre allo scoprimento delle ragioni di lanta ampiezza congiunta a ricchezza di marmi nelle scale , di musaici ne' pavimenti, di stucchi figurati nelle volte e nelle pareti , e quindi del vero uso di tutto il sotterraneo, sono i quattordici sepolcri segnati H ed I. Non a loculi comuni , ma appartengono essi alla classe de ' monumenti arcuati , e più specificatamente di que ' monumenti arcuati che in questi sacri cimiteri si considerano come altari . Ognuno sa che al tempo della nostra imperatrice altare non poteva esservi , il quale non fosse ad un tempo sepolcro d' uno o più
martiri. Prima del dugensettanta dell’ era nostra , la chiesa romana per divota consuetudine celebrava il sacrifizio eucaristico sopra i sepolcri de' martiri . Fu il pontefice san Felice , il quale ordinò che quella consuetudine avesse forza di legge universale e perpetua.
Perciò se questi monumenti arcuati sono altari nel modo più usato degli altari cimiteriali , debbesi inferire che l'imperatrice avesse fatto collocare loro in seno le venerande ossa dei martiri , perchè questa parte del suo cimitero fosse chiesa , se non per tutti gli usi a cui le chiese si adoperano , almeno per la celebrazione e la partecipazione del più augusto dei cristiani misteri.

Numerate le persone che potevano nella parte piana adunarsi , rilevasi che una delle due scale era più che bastevole a procacciare a tutte l'ingresso e l'uscita comoda e pronta . Così una scala sola bastava al passaggio de' fossori e de' divoti che più addentro nel cimitero per le quattro vie laterali si volevano introdurre . Per qual fine aprirne due ? Per chè le donne non 'avessero mai neppure nel breve tratto dell'ingresso e dell'uscita a trovarsi a contatto con gli uomini . Per questo fine medesimo credo io collocate nel pavimento su gli angoli esterni delle celle quelle pietre traforate che paion basi di colonne.
In questi trafori s'imperniavano , quando in un luogo , quando in un altro a misura del bisogno , cancelli amovibili che servivano a contener divisi gli uomini adunati dalle donne , ciò che vediamo essersi fatto altrove con cancelli o transenne stabili e ferme . 

Era io tranquillissimo su questi miei giudizi rispetto alle scale e all'uso del sotterraneo . Contuttociò la forma del luogo m'impediva di persuadermi che qui fosse tutta la chiesa voluta da s . Elena nel suo cimitero . Come sotto le absidi o le tribune delle primitive basiliche vedonsi creati que' sotterranei che si chiamarono confessioni o martirj ; a fine di collocarvi dentro e di ben custodirvi i corpi de' martiri che da' sacri cimiteri si estraevano , e coteste confessioni per quanto fossero alle basiliche congiunte e per mezzo di piccole finestrelle con queste comunicassero , pure non erano esse le basiliche : così
qui venivo io tra me e me argomentando , non doversi questo sotterraneo considerare come un'intera chiesa , ma solo come un martirio alla chiesa congiunto . Sterrate erano le cinque celle M rimaneva ostruita dalla terra d' alluvione la cella N che è nel centro del sotterraneo , e che mi manteneva nella speranza che dovesse ella essere l'immediato vestibolo della chiesa che stavami nella mente . I Del Grande a mia istanza la sterrarono quanto bastavami ad esplorarne le pareti e la profondità. Fu nel trovarla chiusa alla maniera delle altre cinque che riconobbi la mia illusione , ed insieme l' improbabilità che l'imperatrice ordinasse , che servisse d'adito ad una chiesa (la qual sarebbe sempre per grandezza e magnificenza corrispondente alla confessione che stiamo esaminando ) una delle quattro
anguste e povere vie che da essa si diramano . Rammentandomi le forme delle chiese più antiche vedute e misurate da me in altri cimiteri , dovetti conchiudere che questo luogo non ha a considerarsi come chiesa aperta per adunare i fedeli a udir la divina parola , nè per apprestare a' pontefici una stanza opportuna alla consecrazione de' vescovi o alle ordinazioni del clero inferiore. Nel tempo in cui abbiam veduto falta questa opera , molto più agiati e più liberi erano i luoghi per cotali uffizi santissimi . Questa adunque è chiesa nel modo che sono chiese le confessioni o le grotte sotterranee delle nostre più antiche
basiliche. L'unica differenza per cui l'una dalle altre distinguesi è che in queste ne' tempi più antichi non eravi altare sotterraneo , ma il sacrifizio celebravasi nell'altar superiore della basilica , il quale perciò appunto chiamasi tuttavia altare della confessione : laddove qui che la basilica e l'altar superiore vi mancano , gli altari sono sotterranei , e sono tanti , quante erano le coppie de' martiri che entro vi erano stati traslocati , perchè due ordina riamente ne racchiudeva ogni monumento arcuato .
Nè in altra guisa che per quella d'un traslocamento avrebbe l'imperatrice potuto arricchire di reliquie di martiri questa parte nobilissima del suo cimitero . Il dichiarato favore di cui il cristianesimo godeva , non ci consente di credere che ventotto cristiani fossero stati tratti a morte su gli occhi de ' magistrati di Costantino per ragion di fede .
 

D'altronde egli è appunto questo il tempo , in cui le traslazioni de' martiri incominciano. Le basiliche suburbane del Vaticano , della via Ostiense , della Labicana , della Tiburtina , della Nomentana , accoglievano in quegli anni sotto a’loro altari le reliquie di Pietro e di Paolo principi degli apostoli , di Marcellino prete e di Pietro esorcista , di Lorenzo levita , e di Agnese che fu il fiore più bello delle romane vergini. A persuadersi che queste sacre basiliche dalla prima all' ultima fossero edificate col loro centro sopra il luogo preciso de' cimiteri , ove que' martiri erano stati la prima volta sepolti , dovrei far violenza a me medesimo : tante sono le difficoltà che mi si affacciano nel conciliare il fortuito or
dine di que' sepolcri ne' tempi delle persecuzioni con la scelta ragionata de ' luoghi ove quelle basiliche sono erette . Chi mai in mezzo a ' trambusti d'una guerra cieca avrebbe potuto prevedere il numero , la quantità , le virtù de' martiri che ne sarebbon rimasti vittime gloriose ? Chi potea a costui o a colei provvedere sotterra nella profondità di dieci , di quindici , di venti metri un sepolcro , il quale rispondesse appuntino sotto quel luogo, che ottenuta la pace , sarebbe stato riconosciuto come il più proprio ad innalzargli sopra una basilica?
Quando si voglia discretamente ragionar sulle cose de' nostri cimiteri , altri fatti si incontrano , i quali ne mostran la traslazione de' corpi da luogo a luogo nell'interno di quelle grotte anche ne ' tempi di persecuzione . Nel museo di questo collegio romano custodisco io una pietra cimiteriale opistografa , sulla quale furono la prima volta scolpite queste tre voci HILARA IN PACE. Trasportata quest'Ilara ad un sepolcro che non potevasi nè volevasi chiudere con questa pietra e con epigrafe tanto semplice , la pietra fuadoperata a chiudere il loculo d'una Irene , intagliatevi sulla faccia opposta le parole IRENE IN PACE , lasciando intera l’HILARA IN PACE. E se vi fosse chi credesse , non essere questo che un errore del quadratario , il quale fosse costretto a mutare la IRENE in HILARA o viceversa , inviterei l'oppositore a riconoscere sulla pietra stessa la diversità della mano e del tempo delle due iscrizioni e nella calce attaccata ai margini delle due faccie della pietra il certo argomento della sua collocazione successiva a due sepolcri di versi. Ed il ventiquattro maggio trascorso introdottomi io nel cimitero di Ciriaca per raccogliere il frutto delle ultime escavazioni di quest'anno , trovai prossimo al sepolcro
d'un martire il loculo d'un bambinello chiuso con un frammento di grande lapida cimiteriale , sul quale oltre alcune lettere e parole malamente smozzicale , vi rimaneva intera la nave cristiana col faro verso cui era spiegata la vela . A queste osservazioni aggiungasi il fatto di que' cubicoli che sono stati scavati e dipinti o perchè due e tre martiri di grande celebrità vi avessero dentro un sepolcro non comune , o perchè servissero di chiesa ove celebrare le funzioni più sacre . Parlerò tra poco d'un di que' primi in cui m' imbattei nell' aprile di quest'anno ; e più a lungo dovrò in miglior luogo parlar de' secondi . Mi
giovi qui il far osservare , che nè nei primi , nè nei secondi i martiri non vi potevano essere riposti se non alcuni giorni ed alcune settimane dopo sostenuto il martirio . Bastavano pochi giorni a scavare ed apprestare un cubicolo non intonacalo e non dipinto ; ma vivoglion settimane per abbellire anche solo un monumento arcuato con pitture e stucchi. Nel qual fratempo le inevitabili conseguenze della putrefazione de'cadaveri costringeva que ' fossori a chiuderli per poco in un sepolcro per trasferirli quindi all' altro che dovevasi apparecchiare.

Qusti falti e ragionamenti quando si raccogliessero in numero anche maggiore , proverebbero a maraviglia l'autenticità di alcune poche iscrizioni cimiteriali troppo inesorabilmente dalla moderna critica rigettate come non genuine. Egli è verissimo che il primitivo linguaggio epigrafico de' cristiani è quanto si possa dire sobrio e conciso , e che massime dalla metà del terzo secolo le iscrizioni cimiteriali vengono allargandosi progressivamente nelle forme e nelle notizie che ci danno de’ sepolti . Ma non perchè la lapide è del quarto secolo , cessa di essere cimiteriale ed autentica . Io ho per fermo, che i martiri fatti da s . Elena trasportare in questa sua confessione sotterranea , avevano i propri nomi e le indicazioni proprie a' loro sepolcri primitivi , perchè tengo egualmente per fermo che , tranne poche
eccezioni , sotto questi altari si riponessero que' confessori i cui nomi erano descritti nei martirologi e di cui annualmente per quanto polevasi si rinnovava la memoria nel giorno del martirio , che chiamavasi giorno natalizio . Or come adattar la pietra d' un loculo comune o d'un monumento arcuato di forma determinata ad altro monumento arcuato aperto con diverse proporzioni ? E qual cosa tanto verisimile , quanto che in cosiffatte occorrenze , senza alterar la sostanza della iscrizione , le si aggiungessero sulla nuova pietra forme che mal si accordano col tempo a cui la primitiva iscrizione rimontava ? Chi oserà
affermare , che il santo pontefice Damaso non abbia avuto nè chi gli sia ito innanzi, nè chi gli sia venuto dietro nel fatto di adornare con iscrizioni ed epigrammi nuovi i sepolcri de’martiri di tempi già trapassati? È adunque mia opinione , che ne'monumenti arcuati di questo sotterraneo fossero stati trasferiti dalle parti più rimote del cimitero i martiri, verso cui i fedeli professavano maggiore venerazione per la maggior eccellenza de' loro meriti , e che ne' loculi comuni delle celle laterali ottenessero di essere sepolti alcuni de' più ferventi loro veneratori .


Non mi rimangono che alcuni cenni intorno poche accidentalità materiali del luogo su cui ho finito di ragionare. Egli è chiaro che l'architetto , o qualsiasi altro che ne diresse l'escavazione e l'apertura , lo volle posto su d ' una linea retta in tutta la sua lunghezza , e volle che le celle laterali ad angoli retti con questa lunghezza s' incontrassero . E perchè l'esecuzione si allontana di tanto da questo così semplice divisamento ? Non so trovarne la cagione fuori della età a cui l'opera appartiene , e delle non poche difficoltà che incontransi in un lavoro sotterraneo a cava chiusa . Veggo io ne' cimiteri la diversità dello stile e de' tempi come nelle pitture e nelle iscrizioni , cosi ne'tagli delle roccie e nelle architetture . Ne' cimiteri più antichi in luogo di queste dispiacevoli irregolarità incontransi e vie e celle e piccole chiese e mezzane di sì gentile maniera , che in quelle angustie e in quelle tenebre metton di se maraviglia . E qui sarebbe maraviglia l'imbattersi in quelle forme che con quelle de' tempi di Costantino non s' affacessero. Il cavatore educato alla simmetria e alla giustezza de' tagli , quantunque sprovveduto di strumenti e di pratiche geometriche operi quasi alla cieca , contuttociò su buone linee si studia di condurre il suo lavoro e lo conduce . Qui io non vi so vedere che un aperto disprezzo dell'ordine e della
armonia , e questo non pur nel modo con cui si è tagliato il sotterraneo , ma molto più nell'opera del muramento , nel quale si sarebbero potuti emendare molti difetti del taglio , e non si sono emendati . 

Nel 1388 quand' io avevo per il capo divisamenti ben diversi da questi studi della Roma Sotterranea , non ero stato un de' primi a recarmi al cimitero di s. Elena ; perciò nulla avevo potuto vedere degli stucchi di che erano rivestite in origine le pareti e le volte. Nello sterrare la cella N polei per brev' ora vedere ciò che poco stante doveva perdersi nello staccarsi e rimuoversi delle terre d' alluvione . Lo stucco sollevavasi universalmente dal pavimento in uno zoccolo di poco più che dodici centimetri . Su questo zoccolo piantavano basi attiche, e sopra queste pilastrini scanalati e tra pilastro e pilastro quadretti e rombi chiusi entro piccole cornici. Di capitelli , architravi e cimazi , di fascie e scompartimenti che richiamassero nelle volte i pilastri e gl'intercolunni delle pareti , non polei vedere gli avanzi, caduti al cader delle acque di molti secoli e sepolti nell'alluvione.
Mi è paruto che il musaico non meritasse d' essere apprezzato fuori di quella sola parte che mi presentava il simbolo cristiano della colomba. Questa è fatta come le migliori opere che potevansi eseguir con quest' arle nel secolo costantiniano ; il rimanente è pura opera meccanica.

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